Il giorno e poi la notte è l’esordio da solista di Alessandro Centolanza: un’opera per molti versi anomala. Intanto perché, fin dalle prime note, rivela subito la personalità di un artista maturo, con tanti suoni e tante vite alle spalle, centinaia di ore sui palchi e in studio, insomma “tanta strada nei suoi sandali” per dirla con uno dei suoi autori preferiti.
Un’anomalia che risalta anche dalle scelte musicali così distanti dalle mode del momento e, soprattutto, dalla grande alternanza di stili a conferma di una formazione maturata soprattutto sul campo, tra New Orleans e Milano. Swing e ballate, manouche e jazz, valzer e atmosfere rock-blues, spruzzate di pop e tocchi di elettronica si annodano così ai suoi testi che, altra sorprendente anomalia, si leva lontano da ogni tentazione epica come da ogni deriva intimistica per cantare con grande ironia dubbi e malesseri di un popolo immaginario, perso in qualche periferia urbana della grande pianura padana, tra “lavori ottusi e sguardi delusi”.
In questa direzione il cd, edito da Squilibri, come anche lo spettacolo dal vivo, traccia una linea semplicissima, seguendo lo svolgersi di una giornata qualunque. Attraverso pensieri, riflessioni sommesse e improvvisi colpi di testa, le ore e i vari momenti della giornata scorrono attraverso cose comuni ed eterne. L’amore, il lavoro, l’assenza di un sentimento di appartenenza a un luogo, il desiderio di un’impossibile pace interiore, amori possibili o solo immaginati, liti sfibranti e passeggiate per la campagna, poesia, rabbia e imprecazioni, sorrisi e nostalgia.
Insomma, una giornata qualunque in una periferia urbana della pianura padana rivisitata con gli occhi di un “noto disoccupato di Barona”, parente stretto della mitica “Casalinga di Voghera” di arbasiniana memoria, tra spericolate fughe in avanti, che assumono involontarie anche se tenui tinte politiche (Se io fossi un milionario) e più meditati desideri di evasione (Vorrei essere terrone). Temi e situazioni su cui aleggia costantemente la volontà di “alleggerire” e alleggerirsi attraverso l’ironia e un sereno e gioioso pessimismo perché, si sa, “non c’è modo di farla franca, tra i vecchi incollati alle tivù, e i ragazzi sempre preda di feisbùc” (Una giornata infernale).
Sognando sulle macerie di chi non sa o non osa sognare, Alessandro Centolanza si inventa così un alfabeto di emozioni per ridere di se stesso e del mondo e per tentare, con leggerezza, di sciogliere le pene che ognuno si porta dentro.
Venerdì 21 dicembre, alle ore 21, alla Casa della Memoria di Milano, in via Federico Confalonieri 14, Alessandro Centolanza (voce, pianoforte e chitarra) proporrà dal vivo questo suo spettacolo di grande impatto emotivo. Con lui, sul palco, gli Splendidi: Filippo Cuomo Ulloa (chitarra, pianoforte, cori), Tazio Forte (fisarmonica, pianoforte), Arturo Garra (clarinetto, pianoforte), Vito Zeno (basso elettrico), Stefano Grasso (batteria, xilofono, rumori).