a cura di Max Rigano
“La filosofia deve perfezionare la realtà. Deve saperla cambiare. La filosofia è la prima linea del diritto. Beccaria ha dimostrato che il diritto penale aveva dei limiti. È stato un innovatore, perchè grazie a lui sappiamo cosa sia uno Stato di diritto. Beccaria ci lascia una testimonianza importante: che il diritto deve tutelare, nell’esercizio dell’afflizione di una pena, la dignità di chi ha commesso il reato. In ciò riconoscendo anche la dignità della vittima. In questo consta la sua modernità”
La pena dunque non è solo retributiva ma anche e forse soprattutto riabilitativa. E se questo ha indotto Beccaria a considerare la proprietà come valore che pur va difeso, ma con merito, va pur compreso che nell’interpretazione della legge deve necessariamente esserci una condizione di comprensione psicologica e morale delle ragioni per cui la miseria può spingere un essere umano al furto: sebbene su questo vi sia stata una parziale resipiscenza negli anni.
Umberto Ambrosoli è stato il protagonista, quale avvocato di parte di Cesare Beccaria, di un’avvincente e affascinante serata di teatro in cui diritto e filosofia, giustizia e violenza si sono mescolate in un meccanismo ermeneutico che ha disvelato l’inconscia relazione tra la legge e la realtà, tra le istanze umane, i bisogni, le paure: tra stato di natura e stato civile.
In questo contesto fantasmatico, Cesare Beccaria, quale imputato, è stato rappresentato da Ferruccio De Bortoli che ha significativamente indicato lo sforzo della comprensione umana quelle premessa dell’interpretazione della legge, asseverato che l’esercizio della complessità individuale riserva al diritto un dovere non scritto: il rispetto perpetuo della dignità.
Il Pubblico Ministero, rappresentato in scena dall’Avvocato Roberta Guaineri, ha invece eccepito sull’incoerenza di Beccaria rispetto ai reati predatori, nei confronti dei quali appare demansionata la ragione delle vittime e della loro personale dignità, in questo caso retrocessa nella gerarchia dei valori.
E proprio su quest’incoerenza si è espressa Giovanna Sanza, nei panni della figlia di Cesare Beccaria: Giulia. In pochi minuti racconta dell’abbandono del padre, della violenza reiterata nel tempo arrivata a precluderle anche il diritto di stare con l’uomo che amava a favore di un matrimonio combinato, cui comunque il padre decise di non essere presente. In coerenza con la sua assenza nella vita della figlia. Con quale diritto e con quale credibilità possiamo accettare Beccaria quale esegeta del diritto?
Pietro Vietri, interpretato dall’Avvocato Alessandro De Nicola, presidente della “Adam Smith Society”, ha rammentato che Beccaria era prima di tutto un liberale e per questo poneva il rispetto della persona e della sua libertà quale premessa del diritto. Un uomo che si macchi di un reato non deve subire la vendetta dello Stato ma essere aiutato nel suo reinserimento, intendendo la pena quale strumento riabilitativo per l’esercizio di una libertà riconquistata: statuto della condizione umana.
Corrado del Bò, testimone dell’accusa, ha mostrato empiricamente la contraddizione sistemica, in modo controintuitivo, sul piano del diritto, dell’ineguaglianza di un diritto che preservi la dignità del reo, ma dimentichi quella della vittima.
Philippe Audegean, consulente storico, ha infine posto la relazione tra Beccaria, Voltaire e Rosseau e le influenze dell’illuminismo nella formazione etica di Beccaria. Premessa per qualsiasi giudizio storico.
Alla fine il pubblico, giudice popolare assolve ampiamente Beccaria dalle accuse che gli vengono mosse: ovvero di essere tenero con il crimine. Votano per la sua innocenza in 96, lo accusano invece in 17.
Le interviste con Umberto Ambrosoli, Roberta Guaineri ed Elisa Greco