Da “Only Solomon Lee” a “Carcere Mare”: la Grande Mela terreno fertile per i progetti del giovane produttore Federico Guarascio.

Oggi  Gazzetta di Milano vi porta nella Grande Mela con l’esclusiva che ci ha rilasciato il giovane produttore Federico Guarascio. Abbiamo fatto due chiacchiere con lui e siamo felici di questa nuova scoperta.
Possiamo certamente inserire nel novero delle sue opere più importanti Only Solomon Lee, la storia di un uomo che non trova un suo posto nel mondo.
Federico, Ci racconti sinteticamente la trama di Only Solomon Lee?
 
Only Solomon Lee nasce come la tesi di laurea di Master di Alex Lora, sotto la supervisione di Chantal Akerman.
E’ un corto che mostra il grande talento visivo e narrativo di Alex e al quale io ho avuto la fortuna di collaborare. Il riferimento principale è Holy Motors di Leos Carax al quale si inspira per tematiche e una sublime violenza grafica carica di una forte pulsione sessuale. Una sorta di Espressionismo estetizzante. Un lavoro che ci è valso diversi premi e di cui andiamo fieri.

Abbiamo saputo che attualmente sei alle prese con un nuovo progetto in fase di produzione Carcere Mare. Ce ne parli?

Carcere Mare è un documentario a cui sono particolarmente legato per tematiche e ambientazione.
E’ un documentario sull’ultima colonia agricola penale ancora attiva in Europa: l’isola della Gorgona in Toscana.
 
In questo lavoro non sei impegnato da solo bensì è una coproduzione con il regista Antonio Tibaldi. Avevate già lavorato insieme?
 
Il regista è Antonio Tibaldi, Italiano ma di base a New York con cui ho avuto già il piacere e l’onore di lavorare in passato ed è decisamente uno dei più bravi filmmaker attualmente in circolazione.  
Antonio ha dedicato diversi anni a questo progetto, seguendo per mesi i detenuti nelle loro attività quotidiane.
L’isola carcere della Gorgona, infatti, è un’istituzione penitenziaria unica nel suo genere in cui le persone che malauguratamente vi risiedono, private della loro libertà, possono trovare conforto in lavori come pastorizia, agricoltura e viticoltura. I frutti di questo lavoro sono spesso selezionati e venduti ad aziende esterne di privati e costituiscono parte dell’eccellenza del patrimonio naturalistico di questa terra magica che è l’area marittima della Toscana.
Più nel dettaglio, di che prodotto cinematografico si tratta?  
 
Lo stile del documentario è “osservazionale” quindi assolutamente rispettoso dell’intimità di queste persone che conducono una vita immersa in una sorta di ritiro monastico forzato dalla realtà ma che grazie al lavoro della terra hanno raggiunto un equilibrio ed hanno creato una connessione profonda con l’isola e le altre specie di animali che condividono la vita con loro. Non una denuncia sociale, quindi, quanto piuttosto un’indagine poetica senza giudizi o morale precostituita, guidata solamente dal tocco gentile e non giudicante della telecamera.