Dieci per 100: Cento anni di ricerca cento anni di ricerca dell’Università Statale raccontati da dieci oggetti-simbolo, il sacchetto di terra di migrante martedì 19

Prosegue il ciclo di incontri per raccontare la storia dell’Università Statale di Milano attraverso dieci (più uno) oggetti simbolici appartenenti all’immenso patrimonio materiale dell’ateneo: reperti archeologici e naturalistici, strumenti di misura, campioni di laboratorio e modelli, dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri..

#6 Sacchetto di terra migrante
Martedì 19 marzo alle 18,30
MOSSO, via Angelo Mosso 3, Milano
https://centenario.unimi.it/event/dieci-per-100-cento-anni-di-ricerca-unimi-raccontati-da-dieci-oggetti-simbolo-3/

In questo incontro, il tema dell’umanità è chiuso dentro un piccolo sacchetto di terra, ritrovato tra i resti del tragico naufragio del 2015 e facente parte dei reperti studiati dal LabAnOF, Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense di UNIMI, diretto da Cristina Cattaneo.

 

A parlare di migrazioni e di diritti umani ci saranno Danilo De Angelis, docente di medicina legale, LabAnOF; Marilisa D’Amico, docente di diritto pubblico e prorettrice delegata a Legalità, Trasparenza e Parità di Diritti; Paolo Inghilleri, docente di psicologia sociale. Ospite: Milena Santerini, Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali dell’Università Cattolica di Milano e comunità di Sant’Egidio.

 

Era come se qualcuno avesse messo dieci scheletri in un sacco, lo avesse scosso ben bene e poi rovesciato sul ponte. Si chiamano “resti commisti”: l’incubo di ogni antropologo”. Un mucchio di corpi più o meno conservati e di resti scheletrici ammassati alla rinfusa. E insieme ad essi, oggetti, tessuti, frammenti di cose appartenute a quelle persone morte.

Il 18 aprile 2015 un barcone proveniente dalla Libia naufragava nel Canale di Sicilia. Quasi mille migranti, ammassati come bestie sul ponte, nella stiva, e perfino nel vano motore, trovarono la morte nelle acque del mare. Molti dei loro corpi rimasero per quasi un anno a 300 metri di profondità. Quando finalmente furono recuperati, l’impresa di dare loro un nome pareva insormontabile: non solo dal punto di vista scientifico, ma anche per i costi enormi e le difficoltà burocratiche, politiche e diplomatiche che coinvolgevano diversi paesi dentro e fuori l’Europa, nessuno dei quali voleva farsi carico di questa impresa.

A volte bisogna fare non ciò che è conveniente, ma ciò che è giusto: ridare un’identità a quegli uomini, a quelle donne, a quei bambini. Restituire i corpi e gli effetti personali, per quanto possibile, alle famiglie e ai paesi d’origine; permettere alle vedove di piangere i loro figli e mariti, e di continuare a vivere.

Scienza e conoscenza non possono esistere senza umanità. L’umanità non può esistere senza diritti che tutelino tutti ma soprattutto i più fragili, i più bisognosi. Dare un senso al dolore, capirne l’origine e progettare dei modi per alleviarlo, a livello individuale e sociale è una delle grandi sfide a cui la società, e quindi anche l’università, deve saper rispondere.

 

L’incontro sarà preceduto da una lettura teatrale con testo di Eleonora Simula, studentessa di Lettere moderne, letto da Tiziana Moncada. In chiusura, intervento musicale con Silvia Zaru.

 

I primi 100 partecipanti iscritti all’evento riceveranno in omaggio il quinto magnete della collezione “DIECI per 100”, che verrà consegnato in sede di registrazione.