Nel novembre del 1978 a Sendai, in Giappone, muore cadendo da una scala Carlo Scarpa, uno dei più grandi maestri di architettura del ‘900.
A distanza di qualche decennio l’anziana vedova di un ricco imprenditore torna, accompagnata da un badante, nella sua villa su un lago progettata proprio da Scarpa insieme al cimitero di famiglia fatto costruire dal consorte, “perché a mio marito non bastava una tomba, o una cappella di famiglia”, cimitero dove è sepolto per sua volontà anche l’illustre architetto.
La donna non mette piede nella casa da anni, e da anni è tramontato anche il mondo economico e culturale di cui è stata protagonista insieme al marito: la produzione di elettrodomestici di design, i salotti mondani con ospiti i maggiori esponenti dell’arte, della letteratura e della musica del momento. Tutto finito, e forse, come la fabbrica, anche la villa sarà venduta. Nella vasta casa, in una sorta di ipnotico flusso di coscienza, la signora ripercorre la sua vita: il suo passato di attrice teatrale, l’abbandono della carriera per sposare il ruolo di moglie e poi di madre e il rapporto strettissimo, quasi morboso, con il grande architetto.
Nel tempo sospeso di questo soggiorno, la vedova incontra anche un professore di storia dell’architettura che sta scrivendo un saggio su Scarpa: lui le svelerà l’enigma di Sendai, lei gli consegnerà alcuni preziosi disegni del maestro.
Nel serrato alternarsi di soliloqui, silenzi e dialoghi tra i due personaggi, emerge sempre più nitido e al tempo stesso indecifrabile il ritratto di un uomo eccentrico e geniale, ossessionato dal dettaglio e dal controllo (il delirio del particolare, appunto); un regista capace di giocare con lo spazio e con il tempo, di sfidare – attraverso la creazione di un poema frammentario in forme architettoniche – il mistero della morte.
Sarà una scrosciante pioggia, nel finale, a sciogliere inaspettatamente l’enigma di un’arte e di una vita criptiche, rivelando il senso recondito di una ricerca artistica straordinaria: intrecciare la vita con il suo disfarsi, la natura con l’architettura, attraverso la melodia inesausta delle cose…
Vitaliano Trevisan firma un testo metafisico, dove il racconto del magistero di Scarpa diviene un meraviglioso pretesto per svolgere una malinconica, struggente riflessione sull’arte e sulla fine.
Firma la regia un giovane fuoriclasse come Giorgio Sangati, che si avvale di due eccellenti attori come Carlo Valli e Alessandro Mor e di un’artista di immenso talento come Maria Paiato, vincitrice nel 2019 del premio Ubu. Il testo ha vinto il Premio Riccione nel 2017.
Al Teatro Carcano di Milano da mercoledì 8 a domenica 12 dicembre 2021
IL DELIRIO DEL PARTICOLARE
Di Vitaliano Trevisan
Con Maria Paiato
E con Carlo Valli e Alessandro Mor
Regia Giorgio Sangati
Scene Alberto Nonnato |Costumi Gianluca Sbicca |Musiche Michele Rabbia |Luci Cesare Agoni
Assistente alla regia Valeria de Santis
Produzione Centro Teatrale Bresciano. In coproduzione con Teatro Biondo di Palermo e Teatro Carcano
ORARI: mercoledì, giovedì e sabato ore 20:30; venerdì ore 19:30; domenica ore 16:00
PREZZI: poltronissima € 38,00 |poltrona/balconata € 30,00| over 65 € 20,00/€ 17,00 | under 26 € 17,00/€ 16,00
PRENOTAZIONI TELEFONICHE: 02 55181362 | + 39 02 55181377 (WhatsApp)
VENDITE ONLINE: biglietti.teatrocarcano.com | happyticket.it | vivaticket.it
La Compagnia del Sole, ensemble teatrale con sede a Bari, dove agisce anche attraverso una scuola di teatro, è apprezzata e attiva sul territorio nazionale per i suoi allestimenti vivaci e vigorosi che rispecchiano una convinta adesione ad un teatro popolare nel senso più alto e trasversale del termine, oltre che per un’attenta e mai banale produzione di teatro ragazzi.
Al Teatro Carcano di Milano porterà un capolavoro del teatro comico antico, il MILES GLORIOSUS di Plauto, che nell’adattamento e regia di Marinella Anaclerio esplode in uno spettacolo corale di vitale e giocosa comicità.
«Pirgopolinice è un fantastico sbruffone, un gioioso pavone, esagerato, spudorato, vitale. La distanza tra ciò che è e ciò che crede di essere è tale da irritare profondamente chiunque abbia un po’ di buon senso. Ci sono tempi in cui un personaggio come il suo, perfino sulla scena è troppo, risulta distante da qualsiasi possibilità di riflesso nella realtà, senza dunque il mordente necessario per far scattare nello spettatore quel meccanismo di godimento nel veder messo in ridicolo un vizio che subisce. Ci sono tempi invece, ahimè, in cui la realtà supera di gran lunga la favola e il povero Pirgopolinice è un ritratto a tinte forti di ben più consapevoli e colpevoli vantoni…
In una Efeso simile all’originale quanto l’ambientazione di certi spaghetti western al Far West, si consuma la tragicomica truffa di un gruppo di sfaccendati di vario genere ai danni di un soldato, che ha due debolezze: le donne, meglio se sposate, ed essere adulato. Ha una divisa, dunque un potere, e molti soldi, che dispensa generosamente per soddisfare questi peccatucci. Do ut des. Normale. Perché tutti dunque lo odiano? Ha rapito e tiene segregata una giovane meretrice, e tedia chi lo circonda millantando senza posa meriti ed imprese. Tutti fingono simpatia e perfino amore nei suoi confronti, pur di ottenere da lui mance ed incarichi, tutti pronti a godere nell’improvvisare vere e proprie recite in favore del credulo pavone, ma pavoneggiandosi a loro volta della loro abilità nel sostenere il ruolo stabilito: l’amico fidato, il servo fedele, il vicino premuroso, la fidanzata amorevole e così via. Così la strada diventa scena e il teatro da mezzo diventa fine e le parole di Giulietta si mescolano a quelle di Ofelia in un pot-pourri da serata d’onore. Ne risulta una gara tra attori consumati dove l’unico spettatore pagante, in conclusione, viene imbrogliato, derubato e malmenato. L’eccesso è sempre un vizio… a prescindere dal contesto.
Non si può certo definire Plauto un moralista di quelli che per punire il vizio chiama in causa la virtù; semmai un cinico commediante, che da commediante racconta di gente che, non vedendo in giro molti ideali per cui valga la pena essere coerenti, cerca di sopravvivere e divertirsi, e forse anche di vendicarsi un po’ di essere costretta a recitare per vivere… Ed è questo piacere dell’attore, questo gusto per la citazione teatrale, sempre in agguato nel testo, che ha comportato per me il principale obbiettivo nel costruire il gioco scenico. Insomma, una commedia adatta ai tempi di grandi commedianti in cui viviamo.
La struttura linguistica delle commedie plautine è incredibilmente varia: parti in prosa, recitativi ed “arie”, i cantica appunto, dei quali le partiture sono andate perdute. Ho cercato di rendere tale ricchezza lavorando ad una traduzione drammaturgica, cioè una traduzione che fosse già una proposta di regia, forzando in alcuni casi l’assetto di un personaggio in funzione della resa generale del testo.»
Marinella Anaclerio
Al Teatro Carcano di Milano da martedì 14 a domenica 19 dicembre 2021
Compagnia del Sole
MILES GLORIOSUS
Gli adulatori sono simili agli amici come i lupi ai cani
di Tito Maccio Plauto
Traduzione e regia Marinella Anaclerio
Con Flavio Albanese/Palestrione, Stella Addario/Milfidippa/Schiavetto, Antonella Carone/Acroteleuzio,
Giuseppe Ciciriello/Pirgopolinice, Valentina Bonafoni/Filocomasio, Loris Leoci/Artotrogo/Carione,
Tony Marzolla/Pleusicle, Luigi Moretti/Periplectomeno, Dino Parrotta/Sceledro
Scena Pino Pipoli
Costumi Stefania Cempini
Disegno luci Mauro Marasà
Assistente alla regia Antonella Ruggiero
Produzione Compagnia del Sole
ORARI: martedì, mercoledì, giovedì e sabato ore 20:30; venerdì ore 19:30; domenica ore 16:00
PREZZI: poltronissima € 38,00 |poltrona/balconata € 30,00| over 65 € 20,00/€ 17,00 | under 26 € 17,00/€ 16,00
PRENOTAZIONI TELEFONICHE: 02 55181362 | + 39 02 55181377 (WhatsApp)
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AL CARCANO IN SICUREZZA. L’ingresso è consentito esclusivamente su presentazione del Green Pass. Negli spazi del teatro è obbligatorio indossare la mascherina.
TEATRO CARCANO corso di Porta Romana, 63 – 20122 Milano
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