Il mostro del Lago di Como, presentazione del libro di Roberto Leoni sabato 8 al Covo della Ladra

Nel processo penale, con patteggiamento (art 444 c.p.p) si indica l’applicazione della pena su richiesta delle parti, quindi Pubblico Ministero e imputato. Si tratta di un procedimento speciale che consente al Pubblico Ministero e all’avvocato difensore di trovare un accordo e richiedere al giudice, con una sentenza pronunciata in assenza di dibattimento, di applicare una pena diminuita fino a un terzo rispetto a quella relativa al reato. Eppure, in forza dell’interpretazione letterale e dell’implicita ammissione di colpevolezza, è reputato un venire ‘a patti’, un confessare, pur di chiudere i conti con la giustizia.

Attorno a questo concetto ruota Il mostro del lago di Como (Psiche Libri), di Roberto Leoni, che verrà presentato sabato 8 giugno, a Milano, alla Libreria Covo della Ladra, alle 10.30. Il testo, oltre 500 pagine, è uscito a settembre 2023, ma la novità consiste nel fatto che l’autore ha deciso di svelare che le vicende narrate traggono spunto da quelle da lui vissute nel 2019.

Protagonista del romanzo è Andrea Gatti, ingegnere civile con uno studio a Lecco che accetta un incarico di consulente esterno del Comune. Comparto: opere pubbliche. Gatti diventa ben presto inviso all’interno dell’Ente per il tentativo di capire e ‘sanare’ situazioni ambigue riscontrate sul fronte degli appalti, tra prassi superficiali e mancati monitoraggi rischi, e per il suo rifiuto di facilitare affidamenti in cambio di denaro. Sullo sfondo, rapporti di amicizia che tali non si rivelano. Andrea viene ‘punito’ con un’accusa di corruzione. Le deposizioni spontanee di due discutibili ingegneri valgono per il magistrato più della sua estenuante proclamazione di innocenza. Dopo una vita professionale integerrima, si trova suo malgrado invischiato con la giustizia. Arrestato, messo in una cella “loculo” con una branda, un letto e un cuscino di gomma piuma, il water a pochi centimetri, ovunque un senso di sporcizia, avanza in lui il pensiero di farla finita, non per vergogna «perché non avevo fatto nulla di cui vergognarmi, anzi! Non era la paura del futuro, non era lo schifo che mi trovavo attorno, ma la consapevolezza che per la giustizia ero solo spazzatura, un corrotto, che quel sigillo ormai mi era stato affibbiato, come un marchio inciso a fuoco sulla mia pelle». Da pubblico ufficiale a ‘corrotto’ a ‘mostro’, ferito nell’onore e nella dignità. Consapevole di non avere margini per dimostrare la sua innocenza pur in assenza di prove della sua colpevolezza, di fronte alla prospettiva di anni di carcere, Andrea sceglie di confessare ciò che non ha compiuto, venendo a patti con se stesso.

 

Tra autobiografia e autobiografismo. Due concetti diversi, perché l’autobiografia è la narrazione di quanto vissuto, l’autobiografismo è la tendenza di uno scrittore a collegare le vicende dell’opera con quelle della propria vita. «Il mio romanzo – declina Leoni – narra ciò che potrebbe accadere a chiunque, è una testimonianza di valore universale il cui focus non è sul protagonista ma sulla storia. Quando l’ho concepito ed è diventato bozza di manoscritto – spiega – ho ritenuto non fosse utile rivelare da dove nasceva la storia. Alla luce dei temi affrontati, in primis la giustizia, non volevo si generassero inutili polemiche, volevo l’attenzione massima sui fatti. La giusta distanza mi consente ora di ammettere che sul romanzo influisce la mia personale esperienza». Disperazione, degrado, impotenza, sovvertimento della propria scala di valori. Sono i sentimenti che ritmano il testo, oltre 500 dettagliate pagine che ricostruiscono con dovizia di particolari la discesa agli inferi del protagonista. «Come è possibile, se la giustizia esiste, non riuscire a dimostrare di essere innocenti? – si chiede e chiede Leoni – Perché si è messi nelle condizioni di ritenere che confessare un reato non commesso sia uno strumento di giustizia quasi salvifico? Come è possibile che sia questa l’ultima e unica chance per conquistare e riconquistare una libertà che mai più sarà davvero tale?». Queste le domande che hanno tormentato Leoni durante la detenzione. Succede in un mondo in cui «i media ti descrivono come colpevole prima ancora che tu abbia chiaro di cosa sei accusato. In un tempo in cui essere indagati significa essere colpevoli. In un contesto di superficialità e velocità tale per cui la stessa dichiarazione di ‘insussistenza di un fatto’ non bilancerà mai la gogna subita». Riflessioni che l’autore consegna al pubblico, ricordando che «anche quando è ‘finito’ tutto, quando si è scontata la pena inflitta e auto inflitta, la macchia rimane sull’onore. Il tempo si è comunque fermato». Di qui nasce il libro, scevro da vittimismi, pietismi, auto assoluzioni. Una storia in parte vera, quella di Leoni,  verosimile anche per altri.

 

Roberto Leoni, milanese, ha lavorato come dirigente nella pubblica amministrazione. Vive con la famiglia nella provincia di Monza. Nella sua carriera ha toccato con mano la delicatezza dei rapporti tra cittadino e sistema pubblico. E’ al suo primo libro.

 

Psiche. Le proposte di Psiche Libri mettono al centro la persona, col suo mondo interiore, fatto di sentimenti e pensieri.