Stilnovismo, atmosfere gotiche e luci caravaggesche per un’arte mitologica che infonde magia
Fabio Carmelo D’Antoni, nato a Catania nel 1980, pittore e scultore di formazione classicista è il fondatore del Movimento stilnovistico corrente che nasce riprendendo, in chiave figurativa, la filosofia dei poeti del Dolce Stil Novo.
In una società in cui la donna è percepita dai media come oggetto, riportando alla luce gli aspetti più intrinsechi del femminile, il D’Antoni trova profonda inspirazione nell’anima forte, angelica e a volte nuda ma mai volgare, sempre eterea della donna attraverso i tempi oltre la visione più remota e abituale. La donna vestale o fiera guerriera, più volte vittima di strumentalizzazioni e ingiustizie, ha generato nella nobile sensibilità dell’artista una volontà di farsi cavaliere, paladino e promotore di tale corrente artistica “stilnovista”, composta da opere d’arte da osservare come creature vitali e forti che pretendono l’amor cortese attraverso i loro occhi, che pur sembrando severe e a volte ultraterrene, seguono lo sguardo dello spettatore da ogni prospettiva trasmettendo il loro animo umano nitido e devoto.
Nella sua produzione ha voluto conferire un taglio cronologico partendo dagli elementi naturali per giungere alle divinità greche ma soprattutto mostrare l’importanza che le donne hanno sempre avuto all’interno della società attraverso la rappresentazione anche di signorine e signore immaginarie, che vivono dinanzi ai suoi occhi di artista che le dipinge idealmente offrendone rilevante tributo storico.
Una rassegna di quadri cruciali che si eleva ad arte attraverso simboli. Con queste donne icone, degli ideali di bellezza, di eroismo, di divinità, la sua pittura acquista valenza culturale per un cambiamento radicale della concezione di femminilità mettendo in evidenza quella forza senza tempo di cui è portatrice la donna. D’Antoni, artista realista, influenzato dal vezzo delle luci della pittura caravaggesca e dalle atmosfere gotiche, attraverso la sua opera, giunge a “rendere ideale una donna reale” in quanto per l’artista la donna è anche sinonimo di purezza, castità. Un essere la cui forza risiede nella sua delicatezza: è questa la figura che traspare nell’Opera “S. Agata” conservata nella biblioteca dei Benedettini di Catania, all’interno della teca “Tesoro di S. Agata”.
Colpisce in quest’opera il suo ritorno alla tradizione, all’essenzialità e all’armonia: peculiarità che troviamo nelle nuances sacrali del giallo e nelle morbide linee del viso, le quali si rifanno ad un modello di femminilità proprie dell’iconografia classica rivisitata da una sensualità moderna che ha scartato l’androginia.
La genesi della sua pittura mitologica è corredata da intercapedini culturali sequenziali, allineate nello spazio-tempo, ed affondando nell’antico mondo della mitologia norrena e greca, autorizza a parlare di “realismo magico” soprattutto quando rappresenta ibridi mitologici (Cerbero), rappresentazioni di paesaggi inquieti e inquietanti (Caron Dimonio) l’ambiguità misteriosa di un luogo in visioni infernali e incubi paradisiaci o apparizioni celesti alla maniera del celebre Hieronymus Bosch (1450 ca-1516). Scaturiggini estetiche fiamminghe rivelano una passione per il Nord Europa, asso del Gotico ed è li che occorre cercare i dettagli di certi quadri “nordici” di Fabio Carmelo D’Antoni, esprimere l’elemento chimerico attenendosi alla rappresentazione del tangibile, agendo sul frasario degli accenti, sull’intensificazione dell’ enfasi, in elaborazioni affini a quelle di Salvator Rosa, Magnasco o Piranesi.
Sulle sue tele affiorano lucidamente soggetti sovraumani che vengono fuori dal mito per emanare messaggi di potenza etica ed eroica ed in questo ciclo epodico, essi tornano nelle sale dei Musei, dove il D’Antoni ama esporre le sue creature magiche che trascendono dall’anonimo palcoscenico della vita. Le sue tele sono sparse nei musei di tutt’Europa avendo scelto l’artista una severa carriera museale.
Le sue donne, lontane dal voler essere una semplice trasposizione ritrattistica reale e fatata, si fanno elementi, simboli, dalle nomenclature colte, portali per entrare nelle dimensioni del sogno, delle paure, dell’inconscio, dello spirito, aventi una funzione talismanica come le sculture di mostri sui portali delle cattedrali gotiche ma ancora i totem di Max Ernst. Come il sommo poeta Dante, in ogni ciclo vitale D’Antoni dà vita ad una scena per completare l’allegoria gotica dell’esistenza oltre il confine dell’umano, a istoriare le radici dell’essere e del Cosmo stesso che egli studia attraverso i suoi ritratti caricandoli di significati alchemici e iniziandoli alla vita con la sua pennellata carica di diluviante energia cosmica.
Mitologica e realismo si compendiano in uno stile che assimila la migliore tradizione classica, dove la sua abile padronanza tecnica mostra di conoscere bene i segreti di luci, sfumature caravaggesche e atmosfere gotiche, soprattutto attraverso la riproduzione minuziosa dei dettagli e dei tratti fisiognomici; la forza vibrante del colore, la vitalità, la magia luminosa, la liricità del dipinto stesso dimostrano una professionalità lungamente sperimentata e il progredito impulso creativo trasfigurano le sue tele verso una sublime raffinatezza di celestiale luminosità (Acqua).
La rivisitazione dell’ordito pittorico in chiave moderna con brevi contaminazioni fantasy, autorizza la sua vis creativa a unificare questo grande universo di figure femminili e maschili, deità greche e norrene con un filo logico che unisce epoche e mondi rievocando modelli ideali e ideologici cui da vita per sublimare un presente sociale privo di slanci cortesi e di gesta eroiche.
Affiora in questa dinamica di pensiero un richiamo filosofico all’evemerismo, posizione della filosofia della religione secondo la quale gli dèi sarebbero potenti sovrani o eroi del passato riusciti, in virtù della saggezza o del valore, ad attribuirsi la natura divina e l’adorazione di contemporanei e posteri.
Per tutte queste valenze intellettuali che uniscono e impregnano il suo stile denso di rimandi e intercapedini mitologiche che celano sottotemi e messaggi onirici che velano la lotta tra eroismo e fato, la sua arte si deve analizzare e definire come “indottrinata”.
di Melinda Miceli
Scrittrice e Critico d’arte