Ritorna La Statale Cinema, per quattro lunedì a partire dal 3 ottobre, con inizio delle proiezioni alle ore 20.30 presso l’Aula Magna dell’Università Statale di Milano, in via Festa del Perdono 7.
PROGRAMMA
3 ottobre – Fuga per la vittoria, di John Huston (1981)
10 ottobre – La leggenda di Bagger Vance, di Robert Redford (2000)
17 ottobre – Invictus, di Clint Eastwood (2009)
24 ottobre – I, Tonya, di Craig Gillespie (2017)
Nel corso dell’ultima serata verrà consegnato dalla Fondazione UNIMI il Premio di laurea dedicato al regista Ermanno Olmi: sarà premiata con 3.000€ la migliore tesi di laurea magistrale sul cinema italiano (le candidature sono aperte fino al 26 settembre).
Ingresso gratuito
Per informazioni: https://lastatalenews.unimi.it/statale-cinema-2022
Lunedì 3 ottobre – ore 20,30
Fuga per la vittoria
di John Huston (USA, 1981 – 116’)
Seconda guerra mondiale. In un campo di prigionia tedesco, un gruppo di detenuti allenati da John Colby, famoso giocatore della nazionale inglese, viene sfidato da un ufficiale delle truppe naziste, il Maggiore Karl Von Steiner, a giocare una partita di calcio fra prigionieri alleati e soldati tedeschi. L’idea di una sfida sportiva fra fronti in guerra piace molto ai gerarchi nazisti, che decidono di far giocare la partita in un importante stadio della Parigi occupata e di renderla un grande evento di propaganda. Quando gli uomini interni al campo che lavorano segretamente con le forze della Resistenza francese vengono a sapere dell’evento, iniziano a pianificare, con l’aiuto della rude spia canadese Robert Hatch, un grande piano di fuga.
Uno dei migliori esempi di cinema sportivo, che riesce a bilanciare la drammaticità della narrazione con la spettacolarità della sfida calcistica. Grazie all’apporto di veri calciatori (fra i quali il mitico Pelè) e alla mano del maestro Huston, il film assume nel finale ritmi trascinanti.
(da: E. Becattini per Mymovies.it e F. Furfaro per SentieriSelvaggi.it)
Lunedì 10 ottobre – ore 20,30
La leggenda di Bagger Vance
di Robert Redford (USA, 2020 – 126’)
Fine anni Venti. Matt Damon è Junno, un afroamericano esperto giocatore di golf che, tornato dalla guerra senza speranze, si ubriaca per dieci anni fino a quando qualcuno si ricorda di lui. Viene organizzato un incontro fra i due più prestigiosi campioni d’America, ma occorre anche uno del luogo e qualcuno si ricorda di lui, che accetta la sfida e vince. La grande partita è tutta una metafora: la voglia di lottare anche quando tutto sembra perduto, la solidarietà, l’onestà e l’eroismo.
Tratto da un romanzo di Steven Pressfield, il film riprende il tema della seconda opportunità che, unito a quello dello sport come tramite di rinascita, dà luogo a un film educativo di taglio elegiaco, ecologico ed ecumenico. Questo è Redford, l’uomo dei principi: non fa molti film, ma possiede una magnifica misura di contenuti e di rappresentazione.
(da: P. Farinotti per Mymovies.it e L., L., e M. Morandini in ilMorandini)
Lunedì 17 ottobre – ore 20,30
Invictus
di Clint Eastwood (USA, 2009 – 134’)
Un film su Mandela e, insieme, sul rugby, sport di cui lui si servì per riunire nella “nazione arcobaleno” le due comunità sudafricane dei bianchi “afrikaners” (discendenti degli olandesi colonizzatori) e dei neri che dell’apartheid furono vittime sfruttate e alienate.
Il film è costruito attorno alla passione dei bianchi per il rugby e per la nazionale degli Springboks, odiati invece dai neri come simbolo dell’apartheid. Mandela decide di utilizzare i mondiali del 1995 a Città del Capo per costruire fra tutti i sudafricani il senso di un’appartenenza comune. In questo non è niente più che un politico accorto. La sua grandezza sta invece prima di questa scelta tattica. Nei decenni precedenti, anche in quelli trascorsi in galera, sempre s’è preoccupato d’evitare che l’odio dell’apartheid finisse per avvelenare il paese, e i neri in particolare. Sa che il Sudafrica non avrebbe futuro, se gli africani facessero agli aguzzini quello che essi hanno fatto a loro. Ora, dunque, rischia di contraddire il risentimento dei suoi, rischia d’allontanarsi dalla loro rabbia. Questo fa un capo dotato di grande consapevolezza morale come Mandela. Non è invincibile, Rolihlahla Mandela, detto Nelson. Piuttosto è un non vinto: la sua misura morale e politica non è quella (pericolosa) dell’eroe, ma quella dell’uomo comune che le difficoltà e le sofferenze trasformano in un capo.
E come non vedere che quella consapevolezza morale è la stessa che il regista intende muovere nello spettatore: nella coscienza del singolo sta il valore d’ogni scelta, e la coscienza di molti singoli può fare del mondo un posto migliore.
(da: L., L. e M. Morandini in ilMorandini e R. Escobar per il Sole 24 ore)
Lunedì 24 ottobre – ore 20,30
Cerimonia di consegna del Premio Ermanno Olmi (da confermare)
a seguire
Tonya
di Craig Gillespie (USA, 2017 – 121’)
Il cinema esegue un salto triplo sul ghiaccio in Tonya, un biopic anomalo, vibrante, che denuncia le ipocrisie della società contemporanea. Tonya Harding ha infiammato il mondo del pattinaggio all’inizio degli anni Novanta, quando ancora scivolava veloce nei palazzetti di tutto il globo. Lei era la figlia del mito targato Ronald Reagan, di quel liberismo che avrebbe rilanciato il sogno americano. Il film punta il dito contro una società di maschere, che si preoccupa solo dell’apparenza. L’immagine è essenziale, il talento passa in secondo piano. I media plasmano gli eventi, non si interrogano sulle cause o sui drammi che hanno preceduto la follia
Tonya riesce anche a far ridere a denti stretti e racconta la parabola di una vita turbolenta, di una donna forte che non è mai riuscita a essere l’eroina che tutti volevano. Gillespie chiede ai suoi attori di sfondare la quarta parete, di parlare al pubblico attraverso delle interviste girate per l’occasione, giocando con il documentario e la commedia amara. I generi si fondono, i sogni s’infrangono, mentre l’incontenibile Tonya ci stupisce con un altro triplo axel.
(da: G.L. Pisacane per Cinematografo.it)