Teatro Oscar – Milano – dal 21 marzo al 24 marzo 2024
MATTEOTTI MEDLEY
di e con Maurizio Donadoni
regia Paolo Bignamini
scene e costumi degli studenti del Biennio di Scenografia dell’Accademia di Brera Eleonora Battisi, Gaia Bozzi, Hefrem Gioia, Martina Maria Pisoni, Giada Ratti, Valentina Silva, Alessia Soressi
coordinati da Edoardo Sanchi
consulenza musicale Paolo Meinardi
disegno luci Pietro Bailo
assistente alla regia Giulia Asselta
produzione Teatro de Gli Incamminati / DeSidera,
si ringraziano Matteo Bonanni e Maria Laura Palmeri
SINOSSI
Nel centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti, l’attore e autore Maurizio Donadoni riporta in scena il suo “Matteotti Medley”, un documentario teatrale in ricordo del deputato socialista rapito e ucciso dai fascisti il 10 giugno del 1924.
Cinque capitoli di un viaggio a ritroso nella vicenda storica, politica e umana del parlamentare socialista, che aprono nel contempo uno squarcio sull’Italia dell’epoca.
Rivolgendosi a dei giovani del tempo, Giacomo Matteotti disse: “Ogni epoca ha avuto i suoi martiri, le sue vittime, gli inutili eroi che col loro sacrificio, hanno aperto gli occhi e la strada agli altri”. Di lì a pochi mesi, il 10 giugno del 1924, in un martedì cocente di sole, a Roma, sul lungotevere Arnaldo da Brescia, Matteotti venne rapito e ucciso da un gruppo di fascisti al comando di Amerigo Dùmini, detto “dodici omicidi”. Era una squadra della cosiddetta “Ceka fascista”, organismo segreto ma neppure tanto, voluto da Mussolini per mettere a tacere gli oppositori.
Per qualche tempo, in seguito all’ indignazione provocata nel paese dal delitto, il partito fascista sembrò sul punto di “sfasciarsi”. L’occasione, com’è noto, fu persa dalle opposizioni che, ritiratesi dal parlamento, furono disinnescate con abilità machiavellica da Mussolini, che poté impunemente dichiarare di assumersi tutta «la responsabilità politica, morale, storica» (dimenticò “penale”) di quanto era avvenuto.
Oggi una via, un corso, una piazza Giacomo Matteotti esistono in molte città d’ Italia. E se qualcuno vuole sapere come ci si arriva rispondiamo con facilità. Se però ci viene chiesto a bruciapelo chi era Giacomo Matteotti, pochi di noi saprebbero andare oltre un generico: “deputato socialista rapito e ucciso dai fascisti.
Che si sappia così poco della storia di questo “inutile eroe”, grazie al cui sacrificio, e a quello di tanti altri, oggi viviamo in libertà, è un peccato. Il suo rapimento ed assassinio fu uno snodo fondamentale nell’affermazione del regime totalitario in Italia.
Ma anche la vicenda umana di Matteotti, che con quella politica si intreccia inestricabile, è davvero interessante. A partire dal rapporto intenso e passionale con la moglie Velia; alle ore passate in casa ,in via Pisanelli 40, a giocare carpon i sul pavimento, pazzo di gioia con Giancarlo, Matteo ed Isabella, i tre amatissimi figli; a quelle passate a spulciare bilanci dello Stato nella biblioteca parlamentare; alle incomprensioni con alcuni compagni di partito a causa del suo status di ricco borghese ( social milionario lo definiva Mussolini) ; all’attività sempre instancabile a favore dei contadini del natio Polesine; agli scontri , verbali e fisici, dentro e fuori la camera dei deputati con i fascisti; all’attaccamento per i due fratelli morti prematuramente, Silvio e Matteo, con cui giocava, a Fratta Polesine, nella bottega di “ferramenta e articoli vari” di mamma Elisabetta e papà Gerolamo.
Matteotti Medley ripercorre questa storia emblematica – epitome di italici vizi e italiche virtù – alternando il racconto dei nudi e (talvolta) crudissimi fatti, con icastiche citazioni da musiche popolari dell’epoca: dalle marcette squadriste, agli stornelli contro il Negus, dalle musiche da ballo alle canzoni d’amore diffuse dalla radio (che nell’ottobre del ‘24 cominciava le sue trasmissioni); agli esperimenti di quella musica colta d’avanguardia che, proprio nei primi del ‘900, era in cerca, con scandalo dei benpensanti, d’inaudite sonorità.
Narrazione d’un solo attore, ma a molteplici voci, che si espande in uno spazio scenico nitido, scarno e rigoroso: luogo dove il passato prende corpo attraverso corpo e voce dell’interprete; dove il racconto documentale si fa testimonianza funambolica tra grande storia e piccole storie. E dove ognuno di noi è chiamato a rispondere- come può o come deve- alla domanda: che valore ha, per noi, oggi, la democrazia?