“Parigi: un amore travolgente”. Diario introspettivo di un giovane scrittore.

Un inno all’amore, ma anche alla musica, alla filosofia e all’arte in generale, è il libro del giovane Stefano Chiesa, dal titolo “Parigi: un amore travolgente” che arricchisce la collana “I Diamanti della Narrativa” dell’Aletti editore. In quest’opera, meglio definita come diario introspettivo, l’autore narra il suo vissuto nella capitale francese, raccontando – giorno dopo giorno, data dopo data, per dare l’idea del tempo che scorre, ma senza una particolare linearità, se non nelle riflessioni – il suo amore per tre donne, ciascuna delle quali ha giocato un ruolo determinante nella sua vita, ma soprattutto per Parigi.

«Tuttora – racconta Stefano Chiesa, classe 1990, che attualmente vive a Melegnano (in provincia di Milano) – amo perdutamente Parigi, in ogni suo singolo angolo e anche per le sue contraddizioni. Si è trattato di un sentimento totalizzante. Un sentimento viscerale che scaturisce dalla presenza di una vita estremamente intensa: è tra le città più importanti a livello mondiale ed è capace di rapirti in luoghi diversi». Un amore platonico in gioventù, un inno poetico o una sinfonia monumentale, adesso. Quando l’autore è cresciuto e riesce a vederla con occhi differenti, sebbene sia sempre forte l’impronta lasciata nel suo animo irrequieto e desideroso di sentimenti totalizzanti. Nella copertina del libro, la Tour Eiffel, monumento più famoso di Parigi divenuto simbolo della città stessa e della Francia, fa da sfondo a due innamorati, i cui volti sono abbagliati da una luce che ne rappresenta la bellezza.

 

Un vissuto che ha condizionato il suo modo di vivere, anche a Milano, il suo pensiero, la passione per la musica e l’approccio verso le donne. Del resto, Parigi è la città dell’amore. «La quotidianità – racconta l’autore – ha mostrato quanto sia difficile vivere lì, da studenti e senza un lavoro. Parigi ha una frenesia spasmodica, il che mi ha reso decisamente entusiasta per quello che ho visto. Ho passato ore davanti a dipinti o sculture gigantesche, e ciò mi ha sensibilizzato maggiormente nei confronti dell’arte. Lo stesso posso dire in merito alla musica: ho suonato il pianoforte in un locale a due passi da “Notre-Dame”: tanto spettacolare, da definirlo “un carnevale pirotecnico” di cantanti, musicisti e ballerini. Infine, le storie d’amore mi hanno fatto comprendere quanto sia importante l’istante transeunte; ma, soprattutto, quanto la vera differenza sia data dallo spirito di abnegazione e sacrificio per l’altra persona».

 

La narrazione, così intima, quasi a voler creare un rapporto empatico con il lettore, ma in primis con la scrittura per essere più efficace nell’esprimere i propri sentimenti, avviene sempre in prima persona. «Sono come un pittore – afferma Stefano – che si lascia catturare dall’impressione dell’attimo fuggente. Sul piano stilistico, vi sono un flashback come apertura ed un simmetrico flashforward in chiusura. Il mio lessico può essere formale o informale, a seconda dei contesti e delle situazioni. Da ultimo, la narrazione domina il romanzo: non vi sono dialoghi (se non raramente), se intesi come discorsi diretti». E proprio come uno scultore, Stefano non segue schemi fissi ma plasma i pensieri per dare forma alle parole. Il tutto deve condurre a un risultato coerente e di senso compiuto. «Vorrei che il lettore si sentisse il più possibile vicino a me: come se lo prendessi per mano, conducendolo nel mio mondo, in modo che si immedesimi in me».

 

Federica Grisolia