“Scrivere una canzone è bello, ma poi diventa il brano di questo o quel cantante. Nei quadri invece ci sono io in prima persona, e questa mostra è un mio omaggio alla musica: la parola ha già una sua musicalità, che io provo a creare nei miei lavori, perché ho sempre cercato la poesia nelle cose”. Per celebrare la Festa della Musica non poteva esserci modo migliore che proporre al pubblico delle opere d’arte musicalmente poetiche: per questo Alfredo Rapetti Mogol, pittore e autore di canzoni per artisti del calibro di Mina e Celentano, Ramazzotti, Bertè, Mannoia e Pausini, ha scelto di inaugurare la sua mostra “Io sono io” alla Galleria Hernandez di Milano proprio il 21 giugno, unendo i suoi due talenti. Allestita fino all’8 luglio, l’esposizione presenta le sue ultime opere, nelle quali destrutturando le parole per andare oltre le convenzioni linguistiche Rapetti Mogol ha elaborato un suo specialissimo alfabeto, personale e universale al tempo stesso: “Tutto il mio lavoro è basato sulla parola, sia la scrittura musicale che il mio percorso artistico”, spiega l’artista intervistato dall’ANSA, “I miei ultimi quadri sono legati alla scomposizione alfabetica della parola: l’obiettivo è creare in chi guarda un piccolo sfasamento. Vorrei cioè far lavorare anche lo spettatore, che deve entrare nell’opera e darle attenzione. Lancio dei piccoli messaggi come io sono io, che è il titolo della mostra, o io e te, l’anima resta e amo l’estate, frasi che poi sono risegmentate sul quadro, e quindi non immediatamente comprensibili”. Più che una bellissima ossessione, quella nei confronti della scrittura è in realtà qualcosa di imprescindibile per l’artista: “Tutte le cose importanti sono scritte. Il matrimonio, una lettera d’amore, una laurea. Senza la scrittura non avremmo coscienza di noi stessi”, spiega, “io lavoro sul segno come rappresentazione dello stato d’animo. Parlo degli esseri umani attraverso la scrittura, perché quest’ultima è l’orma dell’uomo.
Negli ultimi anni tutti scrivono come pazzi, sui tablet, sul telefonino, sul computer. Ma si è persa la calligrafia, che non solo veicola il contenuto ma è un gesto che dice molto sulla persona che lo compie, sul suo comportamento”. Tra i lavori esposti nella mostra milanese (a cui seguiranno quelle di Malaga e Riccione), anche alcuni quadri realizzati con la tecnica dell’impuntura, mediante la quale il pittore recupera l’importanza del gesto, nell’atto dello scrivere a mano: “L’idea dell’impuntura l’ho letta sui libri di Roland Barthes: vado a scavare con una puntasecca una serie di sovrapposizioni di colore, a creare una sorta di strappo. E’ una tecnica che ha bisogno di temperature e materiali particolari, è un gesto antico, che rimanda alla memoria, a qualcosa che non ha tempo”, afferma. Parallelamente all’arte, Rapetti Mogol non abbandona il mondo della canzone: “Questo è un periodo di grande soddisfazione anche nella musica, c’è Loredana Bertè in radio con un mio brano (Non ti dico no, feat. Boomdabash, ndr), poi in autunno usciranno le canzoni che ho scritto per Eros Ramazzotti e Alessandra Amoroso e il prossimo anno Fiorella Mannoia”, dice, “scrivo con Federica Abbate, che è una grande musicista: partiamo dal testo o dalla musica indifferentemente e con grande libertà. Poi è il brano che ci dice per chi sarebbe più adatto.
Se è riuscita bene è la canzone che decide dove andare, perché ha una sua personalità”.