Un bersaglio di nome Mia

da Annamaria Tedeschi riceviamo e pubblichiamo

Sono qui Mia, sbracato e senza decoro davanti al tuo corpo inerte.

Strano, mi sento perso, come un cecchino dopo aver centrato il bersaglio sbagliato.

Non ho contato le ore che sono passate, fuori è notte buia.

Ti osservo Mia, ho seguito le impronte che Lulù, la tua gatta,

ha lasciato per venire ad annusare la tua bocca. I gatti odorano la morte.

Ora che la tua vita si è sospesa Mia, lei ti cerca nei cerchi di Luna su cui appende i suoi occhi.

Si è rannicchiata tutta sola sulla finestra della tua stanza;

mi sfugge per non annusare il fetore del mostro che mi abita,

quel mostro che mi ha privato di te, togliendomi la linfa vitale che alimentava la mia anima.

Adesso che già avverto la mancanza di te, mi sento un vegetale.

Sfioro il tuo volto Mia, guardo i lividi viola segnati dai miei pugni,

quei pugni in cui credevo di trattenerti, invece adesso mi sfugge anche la tua ombra.

E mentre le mie lacrime cadono sulle mie mani, adesso mi

lascio accarezzare da ricordi del nostro passato.

Ti ricordi Mia il primo giorno che ti ho vista? Eri su quella finestra,

avevi Lulù tra le dita, minuscola come un gomitolo di lana, la tenevi accoccolata al tuo petto.

Eravamo due adolescenti.

Tu avevi un viso candido, gli occhi come due smeraldi, sembravi un angelo.

Poi Lulù è diventa più pelosa, noi siamo cresciuti insieme a lei, tra mille carezze nostre e le sue fusa.

Mia eri diventata una dea, la tua bellezza ti rendeva eterea,

il tuo profumo si espandeva come quello dei gigli in estate; ti guardavo, ti respiravo.

Poi il mostro ha pervaso la mia anima, vivevo il pensiero del tuo corpo nudo

nella mente di persone maliziose; del tuo corpo nudo sulle labbra di chi desiderava di bere la mia linfa.

Così da innamorato sono diventato il tuo carceriere.

Sono arrivato a esaminare i tuoi sguardi, le tue smorfie,

potevo disegnare le sfumature di tutte le tue espressioni facciali.

Ti sorvegliavo.

Calcolavo il tempo che impiegavi per andare al lavoro.

Contavo i passi che facevi per andare da casa in palestra.

Visionavo i tuoi accessi online sui diversi social.

Elencavo il numero dei tuoi followers, ispezionavo quelli che ti riempivano di like.

Ho Hakerato il tuo cellulare per indagare in quei diversi mondi in cui tu ti rifugiavi.

E così è successo che non ti ho più regalato profumi per esaltare la tua fragranza,

ma vestiti sempre più coprenti per camuffare le tue curve;

non invischiavo più le mie dita tra i tuoi capelli per sciogliere la bionda treccia,

ma sputavo sul tuo capo ogni volta che i tuoi capelli apparivano indomabili come le mie paure;

non sfioravo più il tuo naso con il mio per fare smorfie e farti ridere,

ma ti possedevo nonostante le tue lacrime silenziose.

E così, mentre tu cercavi vie di fuga da quelle mura grigie con cui io ti cingevo,

il mostro è diventato un virus che ha resettato la parola amore e ha scritto la parola odio.

Ti ho odiato Mia, così da carceriere sono diventato il tuo aguzzino.

Ed ora che il tuo cuore è fermo, sento la frequenza dei miei battiti rallentare,

il mostro si è arrestato con te Mia.

Mi sento un cecchino che ha sbagliato bersaglio.

Lulù guarda la Luna miagolando.

Vorrei miagolare anche io, vorrei miagolare fino a respirare il tuo spirito Mia,

e tornare indietro per dissetarmi del tuo amore,

per ritornare a vivere nel mondo dei tuoi sogni,

quel mondo in cui potrei essere assolto da te e dal mondo che hai lasciato,

e potrei imparare ad essere più forte del mostro che mi abita.