A risentire maggiormente dell’impennata dei costi energetici “ci sono sicuramente il settore ricettivo e quello della ristorazione, che negli ultimi mesi stavano ricominciando a respirare grazie alla fine delle limitazioni attuate durante la fase più critica della pandemia ed alla ripresa del turismo”.
Lo rileva Confcommercio Lombardia. La fiammata inflazionistica generata dall’aumento dei costi energetici fino a questi giorni – riferisce una nota – è stata assorbita grazie ai grandi sforzi di molti piccoli imprenditori, spesso con un coinvolgimento diretto della propria famiglia nell’esercizio di alcune mansioni, ma per l’autunno e inverno, alle condizioni attuali, questa rischia di trasformarsi in una missione impossibile. Nel settore alberghiero c’è chi sceglie di concentrare gli ospiti in alcuni piani delle strutture per risparmiare costi energetici. Una soluzione comunque non alla portata di tutti, ma solo degli operatori con a disposizione strutture più organizzate. Tra gli operatori dei pubblici esercizi inizia a serpeggiare l’idea di calibrare le aperture, valutando giorni e fasce orarie specifiche in base alle caratteristiche della propria attività e del territorio in cui si opera. In alcune località turistiche, inoltre, alcune attività stagionali chiuderanno i battenti, rinunciando di fatto al lavoro delle prossime settimane, per non subire un danno economico.
“Una stagione turistica più che soddisfacente anche in Lombardia viene in parte compromessa dai costi energetici, che in alcuni casi impediscono di fatto agli operatori di proseguire nell’attività stagionale – dichiara il vicepresidente vicario di Confcommercio Lombardia Carlo Massoletti – In sostanza il problema non diventa solo lavorare senza margini, ma addirittura avere costi di gestione assai superiori agli incassi. La prospettiva di imprenditori che rinunciano ad aprire per evitare perdite, nonostante buoni flussi di lavoro, è frustrante e allo stesso tempo negativa per tutti: per quanto riguarda il settore retail, inoltre, un’insegna spenta significa meno vitalità e più insicurezza per le nostre città”. Una situazione estremamente difficile che riguarda tutte le categorie del terziario nazionale come evidenziato dall’Ufficio Studi di Confcommercio, che stima una spesa in energia di 33 miliardi di euro (6,5 in Lombardia), rispetto agli 11 miliardi del 2021, con 120.000 imprese e 370.000 posti di lavoro a rischio nel primo semestre del 2023.
“È necessario fare il possibile per scongiurare un lockdown dei consumi dettato da un’inflazione sempre più aggressiva che potrebbe portare le famiglie a rimodulare le loro abitudini di spesa – aggiunge Massoletti – Per questo invitiamo le parti coinvolte ad accogliere le proposte avanzate da Confcommercio, come l’incremento del credito d’imposta dal 15 al 50% in caso di aumenti superiori al 100% dei costi per tutte le imprese e la rateizzazione delle bollette”.