Il Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (CNCC) ha presentato due ricorsi ai Tar delle Regioni Lombardia e Piemonte contro la decisione delle medesime di chiudere i centri commerciali nei fine settimana. I ricorsi promossi dall’Associazione sono stati sottoscritti da operatori che rappresentano 120 strutture associate presenti in Lombardia e Piemonte, che contano un totale di 5.263 attività e 98.407 occupati, di cui 73.793 diretti.
Alla luce dell’impegno e della massima collaborazione che l’intero settore ha dimostrato dall’inizio della pandemia, oltre ai recenti appelli, purtroppo inascoltati, che il CNCC ha rivolto alle Regioni per aprire un tavolo di dialogo e confronto volto a far conoscere in modo dettagliato i protocolli di sicurezza implementati nei centri commerciali e gli standard di servizio che queste strutture hanno dimostrato di poter garantire, il CNCC, in rappresentanza dell’intera filiera dei centri commerciali (proprietari, gestori, negozianti, fornitori di beni e servizi), ha valutato necessaria un’azione legale per chiedere l’annullamento dei suddetti provvedimenti, allo scopo di tutelare i lavoratori e gli operatori del settore, gravemente colpiti dalle due ordinanze regionali che prevedono la chiusura dei centri commerciali nel weekend.
Tali provvedimenti, illegittimi ed emanati senza un preventivo confronto con il settore, sono infatti ingiustificati considerando che i centri commerciali non solo hanno sempre rispettato i protocolli emanati dal Governo e dalle Regioni, ma hanno anche elaborato, volontariamente con l’ausilio di esperti, protocolli specifici ancora più stringenti per garantire un livello di sicurezza molto elevato sia per il pubblico che per il personale delle strutture commerciali, procedure che hanno fatto sì che non si verificasse – su tutto il territorio nazionale – alcun focolaio all’interno dei centri commerciali.
Le ordinanze imposte dalle Regioni Lombardia e Piemonte hanno già generato un drastico calo degli ingressi giornalieri e andranno ad aggravare ulteriormente sull’attività delle strutture, in quanto accrescono in maniera ingiustificata i timori sulla reale sicurezza dei centri commerciali, generando un impatto negativo anche sugli afflussi e sulle vendite nei giorni infrasettimanali e vanificando gli ingenti investimenti e gli sforzi compiuti finora per garantire la tutela di clienti e lavoratori che operano in questi luoghi.
Il settore del commercio, pilastro portante dell’economia, continua a scontare i gravissimi danni derivanti dalle chiusure obbligate dei mesi scorsi e ad essere sottoposto a severe limitazioni regionali che, oltre ad aggravare l’attuale condizione del settore rendono ancora più difficile la sua ripresa, incrementando la disparità di trattamento rispetto sia al commercio “on line”, già favorito dai vantaggi derivanti da diverse condizioni fiscali, che ad altri settori, come dimostra l’esclusione stessa dei centri commerciali dai fondi emanati dal Decreto-legge c.d. Ristori.
I provvedimenti regionali dimostrano quindi una evidente sottovalutazione dei danni che sono in grado di provocare alle economie locali. La Lombardia e il Piemonte rappresentano infatti le Regioni più significative a livello nazionale per presenza di strutture che, a causa di queste ordinanze, andranno incontro a considerevoli cali di fatturato, considerando che nel solo weekend si registrano introiti pari al 30% del fatturato settimanale; con conseguente possibile impatto sulle migliaia posti di lavoro che potrebbero essere messi a rischio.
Nonostante le azioni legali intraprese, considerate necessarie per tutelare le persone che operano in questo settore e le loro famiglie, il CNCC, in coerenza con lo spirito di collaborazione e di attenzione alle problematiche sanitarie collegate all’epidemia del Coronavirus, auspica che si possa aprire al più presto un dialogo costruttivo con le Istituzioni locali e nazionali.
Si ritiene, infatti, che l’unico modo per affrontare in maniera efficace questa fase della pandemia sia la creazione di tavoli di confronto con le singole Regioni e con il Governo, volti a trovare, attraverso l’elaborazione di protocolli comuni, soluzioni condivise e nell’interesse di tutti, che concilino e esigenze della salute pubblica e quelle del settore e dei suoi occupati.