Maxi evasione fiscale, nel mirino Campari e Google

Nel giro di 24 ore il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Milano ha raccolto informazioni, su input della Procura della Repubblica, per contestare una ingente evasione fiscale a due colossi, Campari e Google.

Nel primo caso, in particolare, su una società del gruppo, il “braccio” italiano della holding lussemburghese Lagfin. È stato aperto un fascicolo d’inchiesta, affidato ai pm Enrico Pavone e Bianca Baj Macario, su una presunta evasione fiscale “monstre”, da circa un miliardo e 200 milioni di euro.

L’inchiesta nasce da accertamenti del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza. L’ipotesi è l’omessa dichiarazione dei redditi e l’omesso versamento delle imposte. Nel fascicolo si sui redditi prodotti dal ramo con una stabile organizzazione nel nostro Paese, poi trasferiti all’estero. Si parla di una base imponibile da 5 miliardi di euro, con conseguente evasione di un miliardo.

Due persone sarebbero iscritte nel registro degli indagati: si tratta di manager e legali rappresentanti della filiale italiana di Lagfin, che nel 2023 ha dichiarato ricavi per più di 2,9 miliardi di euro. L’indagine riguarda però gli anni dal 2018 al 2020.

Tecnicamente la questione riguarda un problema di cosiddetta “exit tax”, che si verifica quando una società italiana sposta all’estero la sua residenza fiscale. Nel caso concreto questo problema sarebbe derivato, secondo le prime indiscrezioni, dalla fusione, con un atto datato novembre 2018, tra la holding lussemburghese Lagfin e la società italiana Alicros (quest’ultima incorporata nella prima), che da sempre controlla la capogruppo industriale Davide Campari, nota per i famosi liquori da aperitivo tra cui l’Aperol. Per questo motivo la Alicros, prima di lasciare l’Italia in seguito alla fusione nella Lagfin, avrebbe dovuto pagare la exit tax, mai pagata secondo la gdf e la procura di Milano. Il mancato pagamento sarebbe dovuto alla contestuale creazione nel 2018 di una “italian branch”, in altri termini un ufficio italiano, di Lagfin a Milano, che avrebbe dovuto dimostrare l’esistenza ancora di una stabile organizzazione nel nostro paese.

Per ciò che riguarda Google viene invece contestata “l’esistenza di una stabile organizzazione immateriale” in base a verifiche sugli anni 2015-2020. Come successo a Netflix nel 2022, e come potrebbe succedere con altre web companies

Sette anni dopo aver pagato 306,6 milioni di tasse, sanando contenziosi aperti da lungo tempo, Google torna nel mirino del fisco italiano.

Stando a quanto riportato dal Sole 24 Ore nell’edizione odierna, l’Agenzia delle Entrate starebbe contestando al colosso statunitense una presunta evasione fiscale da poco meno di 900 milioni, al centro di un indagine della Procura di Milano per omessa dichiarazione dei redditi.

“Sulla base delle investigazioni del Nucleo economico-finanziario della Guardia di Finanza di Milano, l’Agenzia delle Entrate contesta a Google l’esistenza di una stabile organizzazione immateriale, come quella che ha portato Netflix a pagare all’Italia nel 2022 circa 55,8 milioni di euro”, scrive il quotidiano.

Il caso sarebbe “datato”. Le verifiche fiscali per gli anni 2015-2020 su Google sono state chiuse un anno fa, portando a ipotizzare una “stabile organizzazione italiana”, con una sede di affari nel capoluogo lombardo, della società irlandese e di conseguenza una imposta evasa (Ires) stimata per 108 milioni.
Secondo i calcoli, alla cifra si aggiunge il mancato versamento delle royalties sui beni immateriali (licenze e software) fornite dalla società irlandese per oltre 760 milioni.
Gli esiti della verifica sono stati tramessi all’Agenzia delle entrate per il procedimento tributario e che in seguito all’accertamento, ha chiesto il versamento di un miliardo, compresi gli interessi e la sanzione.