Guardando alla lista Fortune 500 aggiornata, solo il 10% dei CEO è donna (e solo 2 sono donne di colore). Non ci sono dubbi: il tetto di cristallo è ancora intatto, con le donne fortemente sottorappresentate comparativamente al tasso generale di occupazione. E se c’è un settore in cui la carenza di donne è generalizzata, quello è il tech. Si parla dei più diversi ruoli, dal Chief Innovation Officer all’IT Business Analyst, dal Data Analyst al Security Manager, per arrivare ai più diversi sviluppatori.
Stando a WomenTech Network, attualmente solo il 28% di tutti i lavori informatici e matematici è occupato da donne; guardando all’Unione Europea, solamente il 19,1% dell’ICT è composto da donne. A partire da questi numeri, lo stesso network stima che, di questo passo, saranno necessari 132 anni per colmare il gap di genere in ambito tech.
E non è tutto qui. Come ci ha spiegato Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati, società internazionale di head hunting specializzata nella selezione di personale qualificato e nello sviluppo di carriera, «ci sono altri aspetti da considerare per capire quanto la posizione delle donne nel settore tecnologico sia fragile e ben lontana dall’essere equilibrata». Oltre alla ridotta presenza femminile l’head hunter sottolinea infatti aspetti come «il più alto tasso di turnover, nonché l’esigua presenza di donne in ruoli manageriali e dirigenziali».
Come si spiega questo allarmante gap nel settore tecnologico?
«Di certo le ricerche di personale in ambito tecnologico e informatico in questi anni non mancano» spiega Adami, specificando che «è altissima la richiesta di figure come sviluppatori, specialisti in cyber security, data scientist architects, infrastructure manager ed esperti di Internet of Things» e che più in generale «il 60% circa delle aziende ha grandi difficoltà del reperire talenti informatici». In uno scenario di questo tipo, a determinare il gap di genere non sono quindi degli stereotipi pronti a viziare il processo di selezione, quanto invece la mancanza di candidati con le giuste competenze, e in particolar modo la mancanza di donne con le giuste hard skill.
«Purtroppo, in Italia come altrove, le ragazze continuano a restare in buona parte lontane dalle materie STEM, ovvero Science, Technology, Engineering e Mathematics, e fino a quando ci sarà un forte gap a livello formativo, ce ne sarà uno proporzionale e inevitabile a livello professionale» conclude Adami.
A confermare questa lettura è l’Osservatorio Stem “Rethink Ste(a)m education – A sustainable future through scientific, tech and humanistic skills” di Deloitte, il quale ha recentemente rilevato che in Italia solo il 14,5% delle ragazze che frequentano l’università opta per dei corsi di laurea STEM.