La stima di attivita’ di bar e ristorazione che saranno costrette a chiudere a Milano e’ attorno al 25-30%, “poi dipendera’ da quando si potra’ ripartire e in che condizione si potra’ farlo. Potrebbero insomma essere di piu’ le gestioni in difficolta’”, perche’ tutto dipendera’ da come verranno erogati questi soldi. Alfredo Zini, ristoratore meneghino presidente del club ‘Imprese Storiche’ di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza, promotore della manifestazione ‘della discordia’ all’Arco della Pace conclusa con una serie di multe traccia alla ‘Dire’ un bilancio del giorno dopo.
Sono innanzitutto 6.000 euro complessivi quelli comminati in multe da parte della questura. “Sono state sanzionate 15 persone, sono 400 euro di multa base che poi viene ridotta a 280 se paghi entro 5 giorni, ma probabilmente entro 5 giorni nessuno potra’ pagare”,
racconta. Dopodiche’, Zini tende a precisare che il presidio non era organizzato da una cinquantina di persone, ma si e’ andato ingrassando nel mentre, per il clamore ‘mediatico’ suscitato. La questura ha precisato che i manifestanti erano stati gia’ avvisati il giorno prima.
“Con il questore abbiamo avuto un incontro in cui ci siamo spiegati”, spiega il ristoratore, e quella doveva essere “una manifestazione silente“, con circa “300 sedie poste in piazza – aggiunge- e quattro e cinque persone che controllavano che non fossero portate via le sedie e che non ci fossero atti di vandalismo”. Dopodiche’, “sono arrivate le televisioni in diretta – precisa – e molti imprenditori e lavoratori si sono precipitati. A quel punto noi abbiamo chiesto di andare via, ma sa, di fronte alle televisioni, tutti hanno voluto esporre il loro dissenso”. Insomma, “non abbiamo aizzato le folle per venire n quel luogo”, ma si e’ trattato di “un flash mob spontaneo”, per “far sentire il nostro grido di dolore”. Il pensiero va ai flash mob organizzati da altre categorie, quali i parrucchieri, gli estetisti, e altri. Tuttavia, senza togliere niente a nessuno, “per certi settori e’ piu’ facile potersi gestire – specifica il ristoratore – mentre per noi invece e’ piu’ difficile. Ad esempio, andare a comprare un capo di abbigliamento o un paio di scarpe e’ un’azione che, pur con difficolta’ economiche, e’ piu’ gestibile… sempre relativamente ai costi. Qui pero’ e’ differente”.
E il Comune cosa fa? E’ arrivato qualche incentivo economico? Sala parla di sospensione di Tari e Cosap per i mesi di inattivita’.
“In termini economici il Comune non ha mosso ancora alcun sostegno, nel senso che nessuna delibera e’ ancora stata fatta fino a questo momento”, spiega Zini. Inoltre “non si puo’ pensare di pagare l’occupazione di suolo pubblico o la tassa dei rifiuti al 100%”, perche’ comunque “gli spazi sono ridotti e il distanziamento si dovra’ effettuare”, quindi per Zini “bisogna rimodulare le tariffe, anche perche’ in 10 metri quadrati io prima ci mettevo 20 persone, ora ce ne posso mettere 5″. Questo per quanto riguarda la Cosap, ma anche per il discorso tassa rifiuti cambia poco: “Anche per la Tari, non si puo’ calcolare adesso sui metri quadrati, o su quelli calpestabili, perche’ a questo punto se mi dicono che devo lavorare la meta’ o come in alcuni casi a un terzo della possibile capienza non potro’ pagare quella tassa per intero”, racconta, “anche solo per nove mesi”. La soluzione ideale e’ infatti “pagarla per l’effettivo strumento, che e’ quello dei miei commensali”. In sostanza, “la perdita di posti sara’ drammatica, e da questo punto di vista bisogna metterci in condizione di riaprire con costi ridotti – sostiene il ristoratore – cosi’ come verranno ridotti i posti all’interno”.
C’e’ poi la questione principale, quella relativa appunto agli aiuti governativi e soprattutto alle formule con cui questi aiuti arriveranno: “Dipendera’ molto da come saranno gestite queste pratiche per l’erogazione di un finanziamento, e quelli che saranno gli aiuti rispetto al fondo perduto e rispetto al contributo per le utenze, e cosi’ via”. Il timore di Zini e’ che il finanziamento, oltre a prevedere una restituzione, possa comportare altri ostacoli. La paura e’ che magari “le banche non erogherano il finanziamento di 25.000 euro perche’ magari uno e’ incappato nella centrale rischi per un mancato pagamento di una rata da carta di credito”, ad esempio. E anche sul fondo perduto va fatta chiarezza, perche’ “se faranno un fondo perduto modello 600 euro a persona, ci sono imprese a cui non servira’ a nulla, perche’ bisognera’ capire quali sono i costi da sostenere per una riapertura”. Costi che, solo per protocolli sanitari, potrebbero ammontare a 5/6.000 euro per la sola ripartenza, prendendo un locale di 250 metri quadri. “Finche’ non si ha un protocollo sanitario delle cose che bisogna fare all’interno dell’azienda sara’ difficile”.
Difficile come stimare i costi di gestione per quel che concerne il personale, in quanto “la flessibilita’ e il costo del lavoro sono determinanti, e vanno di pari passo”. Da qui ulteriori preoccupazioni, perche’ “da quello che sembra la flessibilita’ manchera’”, racconta il ristoratore. Ad esempio, “Se ho dei contratti dei miei collaboratori che scadranno al 30 di giugno sara’ difficile prolungarglieli- ammette- perche’ non so in che situazione andro’ a operare”. In pratica, “non posso accollarmi il costo di una persona e quindi – suggerisce Zini- ci dovra’ essere una rimodulazione dei contratti di lavoro sulla flessibilita’”.
Una soluzione potrebbero essere i voucher: “Noi stiamo chiedendo anche questo strumento, perche’ magari per 5 giorni ho una turnazione ridotta ma nel fine settimana pero’ potrei aver bisogno di piu’ persone”, quindi “avrei bisogno di poterle assumere solo per quelle due o tre giornate”.