Fino al 2026 le interruzioni ferroviarie, necessarie per consentire l’attuazione dei lavori del Pnrr sull’infrastruttura ferroviaria, rischiano di essere devastanti per il comparto se non adeguatamente gestite. Nel 2024 le interruzioni pianificate comporteranno una riduzione fino al 60% della capacità ferroviaria del trasporto merci italiano. Nonostante la rimodulazione delle interruzioni pianificate nei mesi da luglio a settembre 2024 per consentire il potenziamento del nodo ferroviario di Genova, annunciata dal Gestore dell’infrastruttura, la situazione resta critica per il territorio e la portualità del Nord-Ovest del Paese. Giuseppe Rizzi, direttore generale dell’associazione Fermerci, lo dice intervistato dall’agenzia Dire.
“Molti interventi positivi per il settore sono nel Pnrr in termini di infrastrutture, nel 2027 avremo una rete ferroviaria totalmente diversa dall’attuale, con standard europei, potremo trasportare più merce con costi fissi ma maggiori volumi”, segnala Rizzi, “ma ad ora i cantieri che realizzeranno le opere infrastrutturali del Pnrr stanno causando un’interruzione fino al 60% della capacità di linea in alcune zone del Paese, non delle linee ma della capacità di linea. Molti territori avranno meno collegamento, perché per svolgere i lavori il gestore della rete ferroviaria deve interrompere la circolazione”.
Quindi, “dobbiamo arrivare al 2027, ma nel frattempo i costi di produzione aumentano, anche perché itinerari alternativi più lunghi degli originari costa di più in termini di equipaggi, utilizzo della macchina. Si tratta di un moltiplicatore di costi che fa aumentare il costo/chilo in modo smisurato”, avverte il dg dell’associazione Fermerci.
“Questo ci impedisce di essere competitivi sul mercato e genera diseconomie, e ora il settore da solo senza incentivi, senza un aiuto, con i costi che ha non riesce a reggere autonomamente. C’è una fortissima sofferenza del mercato perché tutti gli operatori, tutti, inclusi i migliori, hanno difficoltà”, avverte Rizzi. “Gli indicatori che arrivano dai porti danno i primi segnali di ottimismo ed è lecito pensare ci sia qualcosa che si muove nell’economia globale, i primi 4 mesi dell’anno sembrano di ripresa, ma se la affrontiamo con le linee ferroviarie non utilizzabili del tutto o in parte, le merci dove passano? Ci ritroveremo con le strade intasate di camion, e quasi sicuramente accadrà nella prossima estate nel quadrante nord ovest pr lavori importanti su Genova. Il gestore della rete ha fatto quel che poteva ma i lavori devono partire, perché c’è la scadenza PNRR del 2026. Il risultato saranno congestioni molto forti nonostante le aperture concesse, con danni per il traffico, le località e l’ambiente”.
Nel 2023 il settore del trasporto ferroviario merci ha registrato una perdita del 3,2% rispetto all’anno precedente a causa di molteplici contingenze, alcune delle quali impreviste. La crisi attraversata dal comparto è stata ulteriormente aggravata dalle tensioni geopolitiche internazionali che hanno determinato un calo del traffico ferroviario merci in quasi tutti i porti nazionali.
“Lo stato di salute del comparto trasporto merci non è buonissimo, il settore da molti anni fatica a riprendere quote modali di traffico che ha visto crollare con la crisi economica del 2008″, spiega Giuseppe Rizzi, direttore generale dell’associazione Fermerci.
“C’è stato un recupero dal 2015 in poi con una serie di incentivi che per noi sono investimenti, perché danno risultati in termini di riduzione dell’impatto ambientale e dei costi energetici, solo per citarne due- spiega Rizzi- Basti pensare che un treno merci lungo 600 metri trasporta merce rispetto allo stesso volume di camion euro 6 facendo risparmiare solo in termini energetici l’85%, e non parliamo della CO2 il cui emissioni evitate sono ancora maggiori”.
Ciò detto, “non siamo in conflitto con il trasporto gomme, per una vera intermodalità il trasporto ferroviario deve occuparsi dalla spina dorsale della relazione trasportistica, primo e ultimo miglio via camion”, avverte il dg dell’associazione Fermerci. Tuttavia, “oggi in Italia non ci sono bellissimi numeri per i volumi, il settore nel 2023 sul 2022 ha perso il 3,2% in termini di treni/chilometro. Numeri che potrebbero anche peggiorare”, avverte Rizzi. “Nel secondo semestre dello scorso anno eventi esterni come interruzioni di trafori come il Frejus e il San Gottardo, importanti per export e import, interrotti da frane e eventi alluvionali notevoli ed eccezionali. Poi la crisi del Mar Rosso ha impattato nella seconda metà del 2023. Una vera tempesta perfetta. Per fortuna alcuni dati di porti come Livorno, La Spezia e Napoli indicano una ripresa, quindi ci auguriamo una crescita”, conclude Rizzi.