Fasto e rigore. Abito e habitat. Progettualità e passione. Visionarietà e pragmatismo. Immaginazione e realismo. Autorialità e riservatezza. Sperimentazione e semplificazione.
L’idea di una moda come distillato di un pensiero che attraversa le pratiche artistiche o architettoniche più che quelle di una creatività volatile, condannata a un perenne cambiamento.
La scelta di un intellettuale del vestire come Marc Audibet per vivificare l’eredità concettuale di Mila Schön è sembrata la più naturale e coerente per i tanti punti di
connessione tra i due creatori.
«Come me, Mila ha voluto un guardaroba per una clientela internazionale, esigente e raffinata. I suoi modelli avevano la semplicità dell’evidenza, tagli rigorosi e generosi che offrono benessere anche allo spirito, che a sua volta contribuisce alla libertà del corpo. L’influenza dell’arte moderna la portò a pensare capi moderni, efficaci, nel segno di una bellezza intelligente», riflette Audibet.
Entrambi pensano e hanno pensato al comfort e a nuove formule di eleganza attraverso lo studio di innovativi materiali e lavorazioni: le fibre stretch in versione mono e double face inventate da lui come il mitico double concepito da lei, viaggiano in parallelo con l’ostinata ricerca di un design che manifesta una felice relazione tra fisicità e abbigliamento. Eleganza come linea: questo il loro comune, incancellabile, contributo.
A prova che le buone idee, nel design ma non solo, resistono adamantine al tempo e alle
stagioni. La loro è una ricerca che si nutre di “riduzionismo” e consiste nella scomposizione di un fenomeno complesso nei suoi elementi costitutivi. Lavorando per sottrazione, si arriva così alla sostanza di un’opera che concerta di linee e forme per assecondare un corpo in movimento che supporta una creazione dove l’essenziale è privilegiato allo spettacolare.
La collezione si sviluppa per elementi che definiscono un lessico vestimentario dove ogni singola creazione, stagione dopo stagione, diventa un nuovo lemma. Non è un
caso che, per l’a-i 2023/24, uno dei progetti intorno a cui si condensa la filosofia del “nuovo” stile Schön sia una borsa – battezzata Shadow – dalle linee purissime e calibrate, dove le proporzioni auree e la pianta a ovale affusolato inaugura un sistema di disegni organici. Sicuramente corroborato da abiti e mantelli in cashmere double dal tocco impalpabile, assolutamente moderni perché non riferibili a nessun genere specifico e quindi potenzialmente adatti a tutti, nella convinzione che disegnare abiti sia anche un gesto
politico. I grandi carré – anche loro double – si drappeggiano intorno al corpo secondo la millenaria scienza del drappeggio statuario, le giacche cardigan di varie lunghezze non hanno bottoni, e i capi dall’allure sportiva possono essere accostati in autonomia combinatoria con tutti gli altri. È un «Lego tessile senza stagioni che segue la logica di un “classico evolutivo”», afferma Audibet.
La silhouette è alta, slanciata, verticalizzata da studi – come il posizionamento nelle tasche dei pantaloni asciutti e longilinei, che invita a una postura diritta, a testa alta. Il risultato finale è maggiore della somma delle sue parti, perché a integrare gli abiti c’è la personalità di chi li indossa, lusingata da crêpe, seta, lana, o addirittura lino, quasi tutti in versione double con abbinamenti impensati. La tavolozza dei colori incorona il nero come sovrano incontrastato, il cui regno è interrotto da lampi rivoluzionari di viola, verde assenzio, rosa
corallo in alcune stampe astratte ispirate ai tagli di Lucio Fontana, di cui Mila Schön era amica e collezionista. Una collezione che s’impone per la sua atemporalità ma anche per il suo essere perfettamente nell’aria dei tempi. «La semplicità è la sorella dell’intelligenza» è una citazione di Costantin Brancusi che Audibet ha fatto sua, dove per semplicità s’intende la conseguenza di un’attenta costruzione per un’estetica che vuole sottrarsi a un esasperato consumismo. Sono abiti e accessori che sono pensati per durare, richiamano una nuova arte del vivere che ci porta a una dimensione semplicemente contemporanea.
Archetipi, mai stereotipi.