Da qualche anno gli effetti dell’inquinamento sono sotto gli occhi di tutti e la forza con cui i cambiamenti climatici si sono palesati non può che incidere sulla sensibilità di imprese e consumatori, con particolare riferimento alle nuove generazioni. Sono i giovani infatti il motore trainante di un nuovo fondamentale trend di consumo: l’attenzione alla sostenibilità e all’impatto ambientale. Un concetto che si declina in moltissimi aspetti della nostra vita, non ultima la moda.
Dopo i settori del beauty e del food, anche il mondo fashion si adatta alla necessità di rispondere ad una nuova sensibilità collettiva, che fa della tutela dell’ambiente un valore fondante. Il cambiamento non è certo dei più semplici, poiché la moda si basa sul concetto del continuo rinnovo, e alimenta quindi un’industria che produce continuamente, inquinando con altrettanta costanza. Stando alle stime dell’Onu, questo mercato produce ogni anno 4-5 milioni di tonnellate di CO2.
La transizione verso l’economia circolare è perciò complessa, ma inevitabile. Da un lato per la necessità di rispondere alla sensibilità e alle aspettative dei clienti, a cui neppure i grandi marchi possono sottrarsi, dall’altro per i nuovi obblighi di legge che l’UE sta progressivamente introducendo per incentivare la sostenibilità.
Il rispetto per l’ambiente e per la salute delle persone sono infatti temi con cui ormai le aziende di ogni settore sono chiamate a confrontarsi, attraverso le certificazioni di filiera, il bilancio di sostenibilità obbligatorio, le politiche di etica aziendale e (nel caso delle società quotate) il rating ESG.
Ma come si traducono i concetti di sostenibilità ed economia circolare nel mondo del fashion? La moda sostenibile prende forma grazie alla spinta di alcuni marchi verso la ricerca di materiali sostenibili. Nella maggior parte dei casi si tratta di tessuti di origine vegetale realizzati a partire da scarti di piante da frutto (come nel caso dell’ananas) o nuove declinazioni dei filati ecologici già presenti nella nostra tradizione.
La lavorazione della canapa, che in passato è stata ampiamente usata in ambito tessile, torna in voga e si afferma con forza come una delle soluzioni più interessanti per una moda davvero sostenibile. Lo stesso vale per la fibra di bambù, delicata sulla pelle ed estremamente ecologica, visto che la sua lavorazione richiede un terzo dell’acqua necessaria alla produzione di tessuti in cotone.
Tra i tessuti ecologici spiccano anche quelli derivati da fibre di ortica e di ginestra, ma la moda sostenibile guarda con interesse anche al riutilizzo dei materiali plastici, che per la loro componente inquinante restano tra i più difficili da gestire. Un numero crescente di marchi di moda sta lavorando per inserire nei processi produttivi materiali plastici di recupero e ridurre la quantità di acqua utilizzata (particolarmente alto se confrontato con altri settori).
Ci sono poi il riuso e il vintage che si fanno largo tra le scelte di consumo, ma con un coinvolgimento parziale da parte della grande industria della moda. A fare da protagoniste in questi segmenti sono le startup, che hanno il vantaggio strategico di un’organizzazione più snella e flessibile.
In ogni caso, ancora non è chiaro quali saranno le evoluzioni delle linee di moda sostenibili, ma una cosa è certa: la direzione è obbligata.