A noleggio (il fenomeno del Fashion Renting in arrivo dagli Usa, con l’italiana Twinset apripista con una capsule collection di abiti ideata per l’affitto), rimessa più volte (la duchessa di Cambridge Kate Middleton è paladina del pret-a-reporter persino in importanti occasioni ufficiali), vintage tra negozi ad hoc, magari solidali e mercatini o esperienze web come Armadio Verde: il mondo della moda cambia anche per le nuove sensibilità dei consumatori riguardo l’impatto ambientale, la sostenibilità sociale, la riduzione dello spreco… e gli armadi che nonostante il metodo di Maria Kondo restano stracolmi. Preoccupazioni che stanno orientando gli acquisti nel settore della moda a livello mondiale e italiano, dove accanto all’imperante fast fashion, che punta su bassi costi e quantità (e scarsa attenzione a valori come qualità, durata, sostenibilità ambientale ed umana) si fanno strada sempre di più altri modelli come è evidenziato dal recente studio “The State of Fashion 2019” elaborato della società McKinsey&Company. Una “rivoluzione” che vede il progressivo superamento dell’approccio classico che trovava nell’acquisto di un capo nuovo una scelta quasi obbligata. Basti pensare alla stima che prefigura addirittura il sorpasso in termini volumi d’affari del mercato dell’usato sulla fast fashion da qui a dieci anni. Crescono esponenzialmente i modelli di business dell’usato e quelli che mettono al centro della dinamica economica le pratiche di rinnovo, riparazione e noleggio. Dall’esclusività del principio di proprietà tradizionale a nuovi modi di accesso al prodotto in grado di contemplare le esigenze sociali e ambientali.
Un cambiamento fondamentale nel comportamento di acquisto, se, come riporta l’indagine, nove consumatori su dieci della Generazione Z ritengono che le aziende abbiano la responsabilità di affrontare le questioni ambientali e sociali. Temi che compaiono in testa alla lista di esigenze che i giovani consumatori riconoscono essere decisive: l’acquirente di domani sarà quindi con tutta probabilità spinto a valutare una serie di elementi e variabili, come l’accessibilità economica e il grado di sostenibilità dell’abito e, che prima entravano nel raggio di pensiero soltanto di nicchie di consumatori.