Arriva al voto del Consiglio Regionale della Lombardia il progetto di legge “Disciplina degli insediamenti logistici di rilevanza sovracomunale”. Una norma che gli ambientalisti reclamano da oltre quindici anni, per mettere ordine in un settore, quello della logistica industriale, che è esploso in assenza di regole, indirizzi e politiche di accompagnamento, cementificando oltre duemila ettari di suoli agricoli e generando conflitti e disagio sociale.
“Quello della logistica nell’era dall’e-commerce è di fatto un nuovo comparto industriale, sorto al seguito di investimenti multimiliardari e forte di molte decine di migliaia di addetti,” dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “Un simile sviluppo industriale, se governato, avrebbe potuto essere una straordinaria opportunità per la nostra regione; invece, i benefici sono andati agli operatori speculativi, mentre al territorio sono rimasti immensi costi scaricati sull’ambiente e sulle condizioni di vita dei lavoratori”
I costi per l’ambiente sono quelli del consumo di suolo e delle emissioni inquinanti legate alla crescita del trasporto su strada, visto che la parte prevalente degli spostamenti avviene a bordo di veicoli commerciali, mentre il trasporto merci su ferro continua ad avere un ruolo marginale. I costi sociali invece sono quelli legati ad uno sviluppo non pianificato delle piattaforme industriali, sorte per lo più in località di campagna prive di adeguati piani di trasporto collettivo, così come di alloggi e servizi alla persona: per i tantissimi lavoratori catapultati in queste realtà ciò produce enormi difficoltà negli spostamenti, nel trovare sistemazioni dignitose, nel disporre di servizi fondamentali per sé stessi e per i propri familiari. Le opportunità sprecate includono quelle del reinsediamento su aree industriali dismesse: con adeguate politiche e investimenti pubblici si sarebbero potute riutilizzare, rivitalizzando territori in difficoltà, anziché continuare ad occupare terreni agricoli.
Per Legambiente quello della logistica è un esempio in negativo di come andrebbero impostate le politiche industriali. Per un governo dei processi di reindustrializzazione occorre una programmazione territoriale e una previsione di azioni pubbliche di accompagnamento che vincolino gli investimenti privati alle aree dismesse e includano i bisogni dei lavoratori in relazione al territorio.
“Il nostro auspicio è che Regione ed enti locali non si limitino a fare da notai agli investitori industriali,” continua Barbara Meggetto, “ma si dotino di una propria pianificazione territoriale dello sviluppo, affinché gli investimenti industriali possano produrre i maggiori benefici per il territorio su cui atterrano, senza generare consumo di suolo e inquinamento”.
Nelle prossime ore potrebbe esserci ancora spazio per introdurre e votare miglioramenti della norma.
“La legge che è previsto venga votata tra oggi e domani resta per noi insufficiente e tardiva,” conclude Meggetto. “Ci auguriamo che siano introdotti miglioramenti: chiediamo che la legge valga per tutti i nuovi insediamenti, non solo per quelli di maggiori dimensioni; che sia rafforzato e reso vincolante il riutilizzo delle aree dismesse; che i processi decisionali siano resi più inclusivi anche dei pareri di associazioni e sindacati; infine, che sia contemplato l’obbligo di copertura fotovoltaica per tutti i nuovi capannoni e piazzali”.