Le città italiane hanno bisogno di innovazione, ma c’è disaccordo sulle modalità di questa urgenza. Da una parte i Comuni e la società civile, che mettono in pratica, dati alla mano, provvedimenti che restituiscono alle persone uno spazio pubblico sicuro ed efficiente, con le tante “delibere 30 Km/h” viste in questi ultimi mesi; dall’altra, il ministro dei trasporti Matteo Salvini, che senza guardare gli stessi dati vorrebbe togliere alle città e ai territori queste opportunità.
Questo pesante limite alle iniziative locali piomba su uno dei settori strategici della società, che avrebbe bisogno di ben altre innovazioni: la mobilità delle persone, regolata com’è dal Codice della Strada, che Salvini vuole riscrivere ma in chiave repressiva della mobilità sostenibile. La posizione palesemente ideologica del ministro è tanto più inspiegabile quanto più si consideri la realtà della mobilità italiana, inchiodata su una motorizzazione individuale da 681 automobili ogni mille abitanti, il più alto livello in Europa e tra i più elevati al mondo, con conseguenti problemi sanitari, sociali, economici che la riforma Salvini non risolverà di certo.
Nonostante sia un’oasi felice se confrontata con altri capoluoghi metropolitani, Milano è da questo punto di vista un nervo scoperto: oltre all’incidentalità, pensando anche solo alle tragiche collisioni del 2022-23 tra mezzi pesanti e biciclette, il trasporto su gomma è infatti responsabile del 44% delle emissioni di PM10 e del 67% di quelle del biossido di azoto (NO2). E ciò a fronte di una motorizzazione che è tornata a crescere, dopo anni di calo: +2,7% dal 2021 al ’22 (501 auto/1000 ab.), oltre alle 600.000-800.000 automobili che ogni giorno entrano dall’hinterland. In uno scenario così tanto polarizzato sull’automobile privata, i rischi e i costi derivanti da una scadente qualità dell’aria e dalla frequenza delle collisioni si sommano.
Per capire la relazione tra questa situazione e una riforma che è auspicabile non sia mai approvata, basti pensare alla vera e propria repressione a carico della mobilità ciclistica. La ciclabilità è vista da Salvini come un problema, anziché come una soluzione. Quindi, va messa sotto stretto controllo ministeriale: meno ciclabili, meno ZTL e isole pedonali nelle città, stop ai limiti di velocità compatibili con la vita delle persone, deregolamentazione della sosta su suolo pubblico. Un salto nel passato, anziché favorire un futuro più sostenibile.
Scarica il documento con le criticità del DDL Salvini (a cura di Andrea Colombo)
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