di Achille Colombo Clerici
Pur senza pensare che la sentenza della Consulta tedesca di qualche giorno addietro possa essere un segno, da parte della Germania, di volersi sottrarre all’onere della solidarietà verso Paesi come l’Italia, attanagliati dalla crisi economica che contrassegnerà il “new normal”, credo comunque che essa rappresenti un evidente riconoscimento che l’ ”architettura” dell’Unione, per come è stata disegnata, possa dimostrarsi inconciliabile con le prerogative degli Stati nazionali membri.
Intendiamoci. La Consulta tedesca, giudicando, oltre che sul piano di legittimità, nel merito l’operato della BCE/Unione Europea ha agito correttamente.
Cioè ha esercitato quel potere di sindacato giurisdizionale sui trattati internazionali in relazione ai prescritti della Costituzione tedesca, che il popolo germanico accortamente ha voluto mantenere.
Da noi vige il principio opposto. Con la riforma costituzionale bocciata dal referendum del dicembre 2017, avremmo addirittura specificatamente subordinato le nostre leggi ai” vincoli derivanti dall’ Ordinamento dell’Unione Europea e dagli obblighi internazionali”.
I tedeschi d’altronde, sostenuti dai francesi, che anche in questa occasione si stanno mostrando molto tiepidi, negli ultimi sessant’anni hanno costruito l’Unione Europea a loro misura.
Ricordo Paolo Baffi – il quale peraltro riteneva che l’Italia non dovesse entrare in Europa prima di aver ammodernato il suo sistema strutturale – che in una lettera degli anni Sessanta, notava come in Germania già allora ci fosse un milieu scientifico/istituzionale, operativo in campo economico, che studiava da futura classe dirigente europea.
Ciò in cui la Consulta tedesca sta sbagliando è il rivolgersi per chiarimenti direttamente alla Bce, sul cui operato non ha alcun potere giurisdizionale.
Il fatto che questa istituzione europea abbia sede nel territorio germanico già conferisce, con una mostruosità giuridica conseguente al fatto che l’Unione non è uno stato dotato di sovranità territoriale, un potere giurisdizionale in sede penale sulle azioni dei funzionari e dei rappresentanti della Bce. Mentre l’Italia non ha alcun simile potere.
Ma da qui a pretendere di sindacare sul piano del vaglio costituzionale l’azione politica dell’Unione ce ne corre. La Consulta tedesca, per eventuali chiarimenti, deve rivolgersi alla Bundesbank, la quale peraltro è la principale intestataria del capitale della BCE con il 21,43 per cento delle quote.