Sono le madri di neonati prematuri a soffrire di livelli di stress più elevati, in particolare le più giovani. Ma, rispetto ai padri, sono sempre le madri a mostrare maggior “autoefficacia”, cioè percezione di saper gestire il proprio neonato, soprattutto se con prematurità più grave.
Questa la sintesi conclusiva del progetto ParWelB (Voicing preterm parents’ experiences. A multidisciplinary study to set neonatal practices and enhance families’ wellbeing), avviato a novembre 2021, con lo scopo di migliorare il benessere dei genitori di neonati prematuri e, allo stesso tempo, con l’obiettivo di facilitare il coinvolgimento dei cittadini e sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della prematurità.
Lo studio, finanziato da Fondazione Cariplo, è stato coordinato dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Milano Bicocca (Alessandra Decataldo) insieme al Reparto di Terapia intensiva neonatale dell’Azienda socio-sanitaria territoriale-ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano (diretto da Stefano Martinelli) e al Reparto di Terapia sub-intensiva neonatale dell’ASST Rhodense Ospedale di Rho (diretto da Salvatore Barberi).
Focus della ricerca sono state le interazioni tra le diverse componenti del personale sanitario (medici con diverse specializzazioni e infermieri); la relazione tra tali operatori e i genitori di bambini nati pretermine; infine, la relazione tra il benessere dei genitori e gli esiti in termini di salute del loro bambino.
I partecipanti hanno risposto a interviste con questionario e monitoraggio post dimissione con web app appositamente progettata per ParWelB. Tramite la web-app si è puntato a realizzare un monitoraggio annuale (con cadenza mensile) del benessere dei genitori pretermine che hanno aderito al progetto ParWelB. Oltre a questo, son state realizzate interviste narrative e video interviste.
Il progetto ParWelB ha previsto anche attività di supporto e public engagement tra cui: supporto psicologico; incontri informativi sulla prematurità; corsi pre-parto; incontri psico-educativi con i genitori di neonati in degenza; gruppi peer to peer di genitori post-dimissione; open meeting con differenti categorie professionali; infine, 4 workshop rivolti ad un pubblico più ampio.
Campione di ricerca
Le attività di ricerca hanno coinvolto 60 neonati (46 ricoverati presso l’Ospedale Niguarda e 14 presso quello di Rho) e 104 genitori.
Dei 104 genitori il 56,7 per cento erano donne (58 erano partorienti e 46 partner). L’età dei genitori variava dai 23 ai 53 anni. Per quanto riguarda l’occupazione, l’86,4 per cento dei genitori ha dichiarato di avere un lavoro (97,8 per cento degli uomini e 77,6 per cento delle donne).
Per quanto riguarda la gravità della prematurità, questa è stata misurata sia in base alle settimane di gestazione alla nascita, definita gravità di tipo 1 (suddivisa in estrema/molto alta con riferimento alla situazione dei bambini nati prima della trentaduesima settimana e moderata/lieve relativamente a quella dei nati dopo 32 più 1) sia in base al peso alla nascita, definita gravità di tipo 2 (e classificata come estrema/molto alta nel caso di bambini con un peso inferiore ai 1.500 grammi e moderata/lieve in quello dei nati con un peso superiore).
Il 34,6 per cento dei neonati coinvolti nella ricerca era nato prima della trentaduesima settimana di gestazione e il 42,3 per cento pesava meno di 1.500 grammi alla nascita.
Risultati dell’indagine
Gli esiti dello studio mostrano che le madri hanno livelli di stress più elevati rispetto ai padri. Ad avere sintomi di depressione più elevati, sono i genitori più giovani (23/24 anni), rispetto a quelli con età più alta (35 anni o più).
Contrariamente alle attese, i livelli di depressione più alti si osservano tra i genitori con figli con prematurità moderatamente grave rispetto a quelli i cui nascituri si trovavano in una situazione molto più critica. Questo risultato, apparentemente controintuitivo, è da attribuire alle maggiori competenze sviluppate dai genitori con degenze più lunghe dei loro neonati. Questi genitori, infatti, imparano all’interno del reparto e con il supporto del personale sanitario a comprendere e gestire i bisogni del proprio bambino.
Se si guarda all’autoefficacia percepita – in questo caso, la percezione dei genitori di essere in grado di gestire il proprio neonato – si osserva che le madri, pur più colpite da stress, come emerge dall’analisi precedente, mostrano livelli medi di autoefficacia decisamente più elevati di quelli dei padri (25,13 e 17,31 rispettivamente).
In particolare, l’autoefficacia risulta maggiore per i genitori con figli in condizioni più gravi, proprio grazie ai benefici tratti dal maggiore accompagnamento del personale sanitario e di supporto psicologico.
«Questa ricerca è nata da uno sforzo collettivo e interdisciplinare: quello di ragionare sull’esperienza dei genitori che hanno vissuto un’esperienza di ospedalizzazione in terapia intensiva neonatale non solo raccogliendo le loro narrazioni e le loro caratteristiche psico-sociali con diversi strumenti di rilevazione, ma anche coinvolgendoli nella creazione di uno spazio comune di riflessione sull’esperienza di prematurità e sul modo in cui questa investe la triade madre-padre-bambino. – ha detto Alessandra Decataldo, sociologa di Milano-Bicocca alla guida del progetto – La nostra attenzione è verso il benessere dei genitori con la convinzione che questo rappresenti le fondamenta per la salute del bambino. Oggi si conclude l’esperienza finanziata da Fondazione Cariplo, ma il progetto continuerà a vivere grazie ad un nuovo finanziamento del Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica».