Usi e abuso della cannabis tra le nuove generazioni

di Federica Di Leva

Anno dopo anno si abbassa sempre di più la soglia d’età dei giovani che si avvicinano alle droghe illegali, tra cui, in particolare, la cannabis conquista il triste primato.

Gli effetti che questa sostanza psicoattiva causa sull’uomo sono svariati, alcuni dannosi per l’organismo, altri, invece, hanno suscitato grande interesse in campo farmaceutico a tal punto da utilizzarla in alcuni tipi di patologie.

Il problema della cannabis tra i giovani

Secondo i dati riportati dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA), lo scorso anno il consumo di cannabis tra la popolazione dell’Unione europea di età compresa tra 15 e 34 anni è stimato al 15,1% (15,3 milioni), di cui i maschi rappresentano il doppio rispetto alle femmine. Voglia di sperimentare e di divertirsi con gli amici sono i principali motori che spingono gli adolescenti a provare questo tipo di droga che, rispetto alle altre, risulta più economica e facile da reperire e pertanto maggiormente consumata rispetto alle altre sostanze illegali.

La Cannabis è una pianta appartenente alla famiglia delle Cannabaceae, tra cui la Cannabis indica e la Cannabis sativa rappresentano le varietà più diffuse e che, sotto forma di derivati ricavati dalle infiorescenze essiccate delle piante femminili (marijuana) e dalla resina (hashish), vedono il loro impiego come sostanze stupefacenti. Nella cannabis sono stati individuati diversi componenti attivi, definiti cannabinoidi, fra cui i più importanti sono il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), il cannabidiolo (CBD) e il cannabinolo (CBN). In particolare, l’assunzione della droga per via inalatoria, ossia vaporizzata o fumata, consente un rapido assorbimento del THC a livello polmonare, raggiungendo in soli 15 minuti la concentrazione massima nel sangue. Inoltre, tale principio attivo, essendo altamente lipofilo, oltre a distribuirsi nei vari tessuti riccamente vascolarizzati, come il cervello, si accumula in quelli più grassi; per tale ragione è possibile rilevare il THC nel sangue fino a cinque settime dopo l’assunzione di cannabis.

Gli effetti che ne derivano da questo articolato meccanismo sono variegati: si passa da una sensazione di piacere ed euforia a percezioni visive ed uditive distorte, fino a problemi d’ipotensione e aumento della frequenza cardiaca con dosi più elevate.

Tuttavia, ciò che desta maggiore preoccupazione è l’effetto che il THC ha sul cervello, dove i recettori dei cannabinoidi, in particolare CB1, sono ampiamente distribuiti, soprattutto a livello dell’ippocampo e della corteccia prefrontale. Secondo alcuni studi, tali recettori sembrano aumentare durante l’adolescenza, svolgendo un importante ruolo nello sviluppo cerebrale. Pertanto, l’alterazione del sistema endocannabinoide durante questa fase della nostra vita può provocare una serie di alterazioni neurochimiche e neurostrutturali, portando così a peggiori risultati cognitivi ed emotivi in età adulta, che si traducono in: disturbi dell’apprendimento e della memoria, riduzione del quoziente intellettivo, problemi di coordinazione e tempi di reazione ridotti, aumento del rischio di depressione e ansia.

Uso medico della cannabis

Gli effetti collaterali che derivano dall’uso della cannabis rappresentano solo una faccia della medaglia. Infatti, sebbene il suo impiego in terapia risulti ancora molto dibattuto, dal 2006 in Italia i medici possono prescrivere medicinali da allestire in farmacia a base di tale sostanza per il trattamento di alcune patologie.

Il THC di sintesi o dronabinol è indicato come stimolante dell’appetito nell’anoressia e in pazienti oncologici o affetti da AIDS, mentre il nabilone, principio attivo del medicinale Cesamet, è impiegato come antiemetico nel vomito causato da chemioterapia. Tali medicinali non sono in commercio in Italia, ma sono reperibili come materie prime per preparati galenici.

Ad oggi, l’unico farmaco nel nostro Paese che ha ricevuto l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) è il Sativex, una miscela di THC e CBD estratti dalla Cannabis sativa, prescritto dai neurologi per il trattamento degli spasmi e dolore neuropatico in soggetti affetti da sclerosi multipla.

Inoltre, non va dimenticato l’utilizzo della cannabis per il trattamento del dolore cronico, del glaucoma e nella sindrome di Gilles de la Tourette, qualora le terapie standard risultino inefficaci. Infine, sono stati condotti diversi studi circa l’impiego della cannabis nel trattamento della malattia di Parkinson in quanto, stimolando i recettori CB1, espressi nelle aree cerebrali coinvolte nella regolazione del movimento come i gangli della base, si induce una riduzione del tremore, uno dei sintomi caratteristici della malattia. Tuttavia, i risultati non sono ancora sufficienti per approvarne l’impiego in questa terapia.

 

Federica Di Leva, dottoressa in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche