A venti anni dall’incidente al Lausitzring nel quale perse la vita Michele Alboreto al volante di un prototipo, il vice presidente della Ferrari, Piero Ferrari ha tracciato un ricordo del pilota milanese, tra i protagonisti della Formula 1 degli anni Ottanta, prima con la Tyrrell e poi con la Rossa.
“È sempre difficile riassumere in poche parole il ricordo di una persona, lo è ancor di più per Michele, con cui siamo rimasti sempre amici, anche dopo che aveva lasciato la Ferrari prima e la Formula 1 poi. Era una persona estremamente educata, un pilota assolutamente dedicato alla squadra e, soprattutto, molto razionale nelle sue scelte”.
Considerato da tutti un pilota velocissimo ma anche un gentiluomo, in cosa Alboreto aveva colpito suo padre al punto di decidere di prenderlo con sé rimettendo un italiano su una Ferrari a oltre dieci anni da Arturo Merzario?
“Michele aveva dimostrato nei suoi anni con la Tyrrell non soltanto di essere molto veloce, ma soprattutto di saperlo essere su tutte le tipologie di circuito e in condizioni molto diverse fra loro, una caratteristica che aveva attirato l’attenzione di mio padre insieme al fatto di essere una persona che si contraddistingueva per la serietà, l’impegno e l’equilibrio: c’erano quindi tutti i requisiti giusti per diventare un pilota della Scuderia”.
C’è una dote di Michele che rivede in uno o in entrambi gli attuali piloti della Scuderia Ferrari? “Così come Michele anche Carlos e Charles hanno già dimostrato nella loro carriera di essere veloci indipendentemente dalle condizioni e dal circuito: proprio lo scorso weekend a Imola lo ha dimostrato! Inoltre, sono molto costanti nel rendimento, un’altra dote che li accomuna al pilota italiano”.
Nel Mondiale ha disputato 194 Gran Premi, ottanta dei quali con il team di Maranello. Cinque le sue vittorie, tre quelle al volante di una vettura della Scuderia. (ANSA).