Calcio, l’Italia di Spalletti tra 4-3-3 e 3-5-2: analisi tattica degli Azzurri

Dopo la grande gioia del 2021 per l’Europeo vinto dall’Italia di Roberto Mancini, il tricolore del pallone deve incassare la delusione dell’eliminazione agli ottavi dal campionato Europeo di Germania 2024. Alcune cose non hanno funzionato e hanno portato a delle prestazioni scariche. Ad esempio per la partita contro la Spagna pronostici e quote degli Europei 2024 avevano attribuito maggiori chance di conquistare i tre punti in palio alla nazionale iberica, ma nessuno avrebbe mai immaginato una prestazione così sotto tono degli azzurri. E così questa condizione precaria, ma soprattutto la mancanza di determinazione e convinzione, si è trascinata anche nelle gare contro Croazia, nel terzo turno della fase a gironi, e poi anche nell’incredibile disfatta contro la Svizzera, appunto nella gara decisiva agli ottavi di finale. Una delle mosse contestate al commissario tecnico Luciano Spalletti è stato l’utilizzo di diversi, troppi, schemi di gioco. Dal 4-3-3 iniziale, che è stato anche il sistema di gioco utilizzato nelle qualificazioni al torneo, fino alla novità del 3-5-2. Andiamo a vedere le differenze.

Il 4-3-3
Il 4-3-3 è stato il sistema di gioco che ha fatto le fortune di Spalletti soprattutto l’anno scorso, con la vittoria dello Scudetto del Napoli. Uno schema che Spalletti conosceva bene e dove aveva chiaro in mente lo stile da adottare, i ruoli, le posizioni, le particolarità che ogni fase di gioco doveva avere per essere efficace. Con questo assetto tattico, che poi si è evoluto nel 4-2-3-1, i terzini dovevano alternativamente spingere su tutta la fascia, dove uno si alzava per attaccare e l’altro rimaneva agganciato trasformando la linea difensiva a tre uomini. A centrocampo invece un regista basso, nello specifico Jorginho, ha le chiavi dell’impostazione tattica della squadra con il compito di dispensare velocemente il gioco in combinazione con le mezzali le quali, a loro volta, devono essere molto mobili e sostenere gli attaccanti inserendosi e aprendo gli spazi in area. Quindi gli attaccanti esterni hanno libertà di puntare l’uomo e muoversi in velocità, anche accentrandosi per il tiro e sfruttando, in teoria, la sovrapposizione sulle fasce dei terzini e gli inserimenti dei centrocampisti. L’attaccante centrale ha infine due compiti, quello di supporto spalle alla porta degli inserimenti dei suoi compagni oppure, a seconda delle situazioni, di attacco della profondità. Ma l’idea è una cosa, la realtà è un’altra e soprattutto l’Italia depauperata di talenti è una cosa il Napoli selezionato con qualità è un’altra. Per cui se la difesa ha retto finché ha potuto, a centrocampo è mancato qualcosa anche a causa di diversi acciacchi, come quelli di Nicolò Barella. Ma soprattutto in attacco l’Italia ha pochi mezzi e non sono certo alla pari della qualità di Victor Osimhen e Khvicha K’varatskhelia che hanno fatto la fortuna del Napoli spallettiano.

Il 3-5-2
Ma quello schema, secondo Spalletti, ha deluso enormemente soprattutto contro la Spagna, in una gara che ha visto dominare gli iberici sotto ogni punto di vista. Spalletti ha deciso allora di rivoluzionare l’assetto tattico e passare al 3-5-2, inedito per gli azzurri fino a quel momento. Dentro quindi Darmian insieme a Bastoni e Calafiori come terzo di difesa, sulle fasce si posizionano Di Lorenzo e Dimarco, con Barella e Jorginho interni di centrocampo insieme a Pellegrini. Tutti a supporto dell’inedita coppia d’attacco Raspadori e Retegui. Per Spalletti serviva quindi cambiare dal punto di vista tattico, rinfoltendo il centrocampo e aumentando le pedine in difesa con le ali che scalano sulla linea dei tre difendenti, ma soprattutto diventando quattro quando si porta palla in attacco. Tutta teoria, poca pratica. Perché a parte la novità dello schema che ha messo in difficoltà una compagine già di per sé spaurita e confusa, non ha per nulla esaltato le caratteristiche dei giocatori a disposizione. Questo è stato contestato a Spalletti soprattutto, e l’utilizzo di uno schema che non recuperava dalla sua esperienza ad Empoli non ha fatto che aumentare i rimpianti di una Nazionale che adesso deve ricostruirsi.