“Il progetto HAND ha prodotto un valore aggiunto”. Sono della stessa opinione il professor Pierluigi Politi e la dottoressa Assunta Lanza, rispettivamente direttore del dipartimento Salute Mentale e Dipendenze e dirigente medico entrambi dell’Azienda Socio-Sanitaria Territoriale di Pavia (ASST), intervenuti in occasione del corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con epatite C, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo non condizionante di AbbVie. Dopo Pozzuoli, Alessandria, Brindisi, Benevento, Siracusa, Roma, Torino e Pesaro, la nona tappa è stata quindi a Pavia, dove si è svolto l’incontro dal titolo ‘Buone prassi e networking nella gestione dell’epatite C in soggetti con disturbo da addiction, al tempo del Coronavirus’. I corsi di educazione continua in medicina (che saranno in totale 16 su tutto il territorio nazionale) rientrano nell’ambito del progetto ‘HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il primo progetto pilota di networking a livello nazionale patrocinato da quattro societa’ scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD), che coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i relativi Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse citta’ italiane.
“Il principale valore aggiunto di HAND- ha spiegato Politi- è nell’aver individuato una coorte di persone fragili, non solo dal punto di vista biologico, infettivo ed epidemiologico, ma anche sociale. Si tratta di persone che somaticamente sono più aggredibili dal virus e contemporaneamente sono anche quelle più in grado di trasmettere l’infezione. Per cui il progetto HAND ha fatto bene all’individuo così come alla società”. Secondo Lanza sono “molteplici i contributi di questo progetto- ha aggiunto- il primo è stato quello di riportare l’attenzione a livello nazionale sulla necessità di implementare l’attività di diagnosi e di cura delle persone affette da epatite C. Il secondo è stato quello di aver reso fruibili e con celerità un numero considerevole di test rapidi a favore dei centri che hanno aderito al progetto; questo ha portato da una parte a testare un gran numero di persone in modo veloce e dall’altra a fare un’opera di sensibilizzazione e di informazione proprio tra quelle popolazioni a maggior rischio. Il terzo contributo è stato poi quello di mettere in rete i tanti professionisti del settore che operano sul piano nazionale”.
Il direttore Politi ha quindi parlato dell’importanza dello screening per individuare in tempo i soggetti malati, perché secondo le statistiche “una persona su 200 non sa di aver contratto il virus dell’epatite C. Dunque- ha proseguito- è un problema di salute pubblica tutt’altro che raro come prevalenza dell’infezione nella popolazione generale. Già questo dato, secondo me, la dice molto lunga sulla necessità di riprendere il cammino indicato dall’Organizzazione mondiale della Sanità per eradicare il virus dal nostro Paese entro il 2030”. Certamente, secondo Politi, le scadenze indicate dall’Oms “possono essere aggiornate, anticipate o ritardate- ha aggiunto- ma l’importante è non perdere di vista questo obiettivo perché è un’infezione che dà grossi problemi sul medio lungo-periodo, quando ormai si sono perse troppe occasioni”.
Negli ultimi mesi la pandemia da Covid-19 ha portato spesso alla sospensione di altre attività mediche. “In realtà- ha però tranquillizzato Lanza- all’interno del Servizio per le dipendenze di Pavia proprio in questo periodo critico è stato svolto un intenso lavoro di screening, che ha portato a testare più di 540 persone con i test rapidi per l’epatite C, che noi abbiamo utilizzato nella modalità capillare. Inoltre, gli approfondimenti diagnostici successivi a cui sono stati sottoposti tutti i pazienti trovati positivi al test rapido hanno portato ad approfondire le indagini anche sulle altre malattie trasmesse per via sessuale e per via ematica, evidenziando un numero non trascurabile di soggetti negativi per l’epatite B che sono stati avviati al ciclo vaccinale. Ci auspichiamo dunque- ha sottolineato- che al più presto possano essere ripresi i trattamenti e i follow up per i malati di epatite C per scongiurare l’insorgenza delle complicanze più gravi della malattia, quali la cirrosi epatica e l’epatocarcinoma”.
Il Covid-19 ha dimostrato quanto sia importante investire in prevenzione in ambito infettivologico, per questo ACE (Alleanza contro le epatiti) ha lanciato una campagna che prevede per i cittadini un test congiunto per Covid-19 ed Epatite C. “Un’iniziativa assolutamente apprezzabile e apprezzata- ha commentato Politi- Il virus dell’epatite C e quello del Covid-19 sembrerebbero agli antipodi, perché il primo esprime un contagio silenzioso, strisciante e che avrà delle ripercussioni sul lungo termine, il secondo è una pandemia assolutamente manifesta diffusa nella popolazione e con delle ricadute a breve termine. Eppure l’iniziativa di ACE ha individuato una possibile sinergia non solo tra il personale sanitario che si occupa delle due infezioni- ha concluso- ma anche nei confronti degli stessi utenti che possono beneficiare di un doppio intervento”.