«Abbiamo le mani legate. Norme inadeguate e farraginose sono e saranno sempre più causa di frustrazione per noi professionisti, di profondo disagio per genitori a rischio perdita numerose giornate lavorative, fonte di forti tensioni con le famiglie e di gravi danni economici per la società.» Rinaldo Missaglia, Segretario nazionale Simpef-Sindacato medici pediatri di famiglia riassume con queste parole la situazione che genitori e pediatri di famiglia rischiano di affrontare con le prime aperture scolastiche e l’inevitabile proporsi delle classiche manifestazioni simil-influenzali stagionali: sarà raffreddore o Covid-19?
Tutti i dubbi, uniti alla richiesta di un coinvolgimento dei pediatri di famiglia nelle decisioni, sin qui gravemente carente, sono stati messi nero su bianco in documenti inoltrati dal Sindacato al Ministro della salute nelle scorse settimane e ai vertici della Sanità lombarda, la regione simbolo della pandemia, questa settimana.
“Stante le indicazioni operative che derivano da delibere regionali, documenti dell’ISS e dalle proposizioni dei Ministeri interessati, all’atto della comunicazione da parte del paziente di sintomi simil-influenzali al triage telefonico, il pediatra deve offrire un monitoraggio a distanza, imporre un isolamento domiciliare volontario e il potenziamento delle norme igieniche ambientali; successivamente deve notificare ai portali dedicati il “caso” sospetto, con la relativa richiesta di effettuazione della ricerca del virus mediante tampone nasofaringeo, in attesa del cui esito deve imporre l’isolamento coatto domiciliare ai contatti (genitori ed eventuali altri conviventi). Già in questi giorni la richiesta di assistenza per sintomi simil-influenzali sta aumentando, come da abituale epidemiologia stagionale, e la norma che di fatto impedisce al pediatra di visitare il paziente presso il proprio studio e di doverlo sottoporre alle procedure di isolamento, per sé e per i propri famigliari, è motivo di forte tensione e spesso di contenzioso nel rapporto medico/paziente (ossia i genitori)”, scrivono Missaglia ed Ezio Finazzi, Segretario regionale lombardo di Simpef, all’Assessore al welfare, Giulio Gallera, e al Direttore Generale dell’Assessorato, Marco Trivelli, informando nel contempo il Presidente della Commissione sanità del Consiglio regionale, Emanuele Monti.
“Altra norma in sostanza inapplicabile è quella riguardante le certificazioni di stato di salute per l’accesso/rientro nelle comunità scolastiche, così come le attestazioni di avvenuto rispetto delle procedure anti Covid-19 da parte del genitore, che i pediatri di famiglia dovrebbero rilasciare ai propri assistiti. Il rilascio di tali certificazioni/attestazioni è, infatti, ad assoluto rischio di inosservanza delle norme medico legali cui ogni professionista deve deontologicamente potersi riferire. In assenza di strumenti diagnostici o almeno anamnestici che ci permettano di affermare in scienza e coscienza l’assenza di contagiosità del soggetto cui assicuriamo assistenza, la certificazione/attestazione richiesta non può essere rilasciata secondo prassi deontologicamente corretta”, sottolineano, inoltre.
“Pare per tutto ciò, e per altro ancora, indispensabile un ripensamento sulle norme attualmente in vigore; c’è ancora però poco tempo per porre rimedio a storture che potrebbero avere, oltre che un deleterio scadimento del rapporto di fiducia tra pediatri, loro assistiti e rispettive famiglie, un impatto inaccettabile sulle condizioni sociali ed economiche delle famiglie e dell’intera comunità” è la conclusione. Cui si aggiunge la richiesta di un pieno coinvolgimento, sin qui mancato – denunciano Missaglia e Finazzi – dei pediatri di famiglia negli organismi decisionali della Regione, quali i Comitati tecnico scientifici o i Gruppi di approfondimento tecnico, in modo da suggerire concretamente aggiustamenti e indirizzi derivanti da chi quotidianamente affronta sul campo queste problematiche.