I casi di malattia invasiva meningococcica (MIM) descritti in provincia di Bergamo hanno creato apprensione nella popolazione locale e suscitato ancora una volta interrogativi su questa malattia. Dei cinque casi segnalati nell’area, quattro correlati tra loro sono stati causati forse da meningococchi del sierogruppo C.
I MESI INVERNALI I PIU’ PERICOLOSI – “Per quanto i dati definitivi di laboratorio non siano ancora disponibili, è verosimile che questi ultimi siano collegati tra loro – sottolinea il Prof. Massimo Galli, Past President SIMIT – siano stati cioè generati da una fonte comune. Il meningococco è trasmesso per via aerea, resiste poco nell’ambiente esterno e viene pertanto ‘passato’ da una persona all’altra per contatti stretti facilitati da ambienti chiusi ed affollati. Da qui la maggior frequenza di casi di MIM nei mesi invernali. Gennaio è costantemente il mese con più segnalazioni. La circolazione dei meningococchi avviene per trasferimento tra una persona e un’altra, il cosiddetto fenomeno di carriage. Il 5-10 % dei giovani tra i 15 e i 25 anni è portatore di meningococchi e la condizione di carrier riguarda, per un periodo più o meno lungo della loro esistenza, la totalità degli esseri umani. A fronte di questa ampia diffusione dello stato di carrier , a sviluppare la malattia sono in pochissimi”.
200 CASI L’ANNO – I casi nel nostro paese tra il 2010 e il 2016 sono stati in media circa 200 l’anno, senza sostanziali variazioni. È verosimile che coloro che si ammalano siano geneticamente predisposti o che la malattia sia favorita in alcuni da fattori contingenti solo in parte noti. Ad esempio, le persone che per qualsiasi motivo hanno subito l’asportazione della milza si ammalano più facilmente di MIM e devono tassativamente essere sottoposte a vaccinazione. Raramente le persone che risultano essere state a contatto con casi di meningite si ammalano di MIM, mentre è probabile che la maggioranza di coloro che si ammalano si siano infettati dopo un contatto in apparenza con un carrier sano. Questo è il motivo per cui spesso non risulta facile trovare collegamenti tra casi di MIM che si verificano nella stessa area.
LA VACCINAZIONE RIMANE IMPRESCINDIBILE – “In caso di focolai epidemici da meningococco C, come quello in corso, è opportuno ‘rafforzare ‘ la vaccinazione anti meningococcica – conferma il Presidente della SIMIT, Dott. Marcello Tavio – Le raccomandazioni internazionali lo prevedono in particolare quando in un’area ristretta l’incidenza risulta superiore a 10 casi per 100mila abitanti nell’arco di tre mesi. Ed è quanto le autorità sanitarie stanno facendo nell’area interessata dal focolaio attuando un’ampia offerta vaccinale. Gli anziani non necessitano di vaccinazione, poiché essendo stati più volte carrier nel corso della loro vita, è verosimile che si siano spontaneamente immunizzati a seguito dei ripetuti contatti. I casi di MIM sono infatti assai rari dopo i cinquant’anni”.
NESSUN ALLARMISMO, CASI EVITABILI – L’elevata letalità della meningite – 5-10% – e ancor più della sepsi meningococcica – 15-20%-, e il fatto che ad essere colpiti siano soprattutto adolescenti e giovani adulti sani, produce sconcerto, ed è pertanto sempre destinata a trovare ampio spazio sui mezzi di comunicazione. Non è tuttavia giustificata alcuna forma di allarmismo. Molti dei casi osservati sarebbero stati evitabili se le persone colpite si fossero preventivamente vaccinate. La vaccinazione dei bambini, attualmente raccomandata e non inclusa tra le obbligatorie e ancora lontana dall’ottenere una copertura soddisfacente.
“Nel 2018 – conclude il Prof. Massimo Galli – i bambini di due anni che in Italia risultavano vaccinati per il meningococco C erano l’84,93% . Una più ampia copertura vaccinale nei bambini porterebbe anche alla riduzione della circolazione dei meningococchi tra gli adulti. Le indicazioni del vigente piano vaccinale nazionale estendono l’offerta gratuita del vaccino coniugato tetravalente agli adolescenti, sia come richiamo per coloro che sono stati vaccinati contro il meningococco C nell’infanzia, sia per i mai vaccinati. Come sempre, e come è accaduto anche in Toscana nel 2016, la paura della malattia spinge molti a richiedere subito la vaccinazione quando un focolaio epidemico è in atto”.
Tra un focolaio e l’altro, la memoria s’accorcia e la riluttanza a vaccinare i figli e a vaccinarsi torna in molti a prevalere. Un comportamento che, ovviamente, non aiuta la prevenzione della meningite.