Sono incoraggianti i dati sulla sperimentazione di un farmaco per il trattamento delle bronchiectasie, il primo somministrato per bocca, di natura antinfiammatoria e non antibiotica, che potrebbe essere utilizzato anche per altre patologie delle vie respiratorie.
Lo studio in fase 2, pubblicato sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine e condotto da un team internazionale di scienziati, apre nuove prospettive per i pazienti colpiti da una malattia spesso invalidante e orfana di un farmaco specifico, come la bronchiectasia. Quest’ultima, infatti, è una patologia respiratoria cronica in cui i bronchi si dilatano in modo abnorme: questo provoca tosse persistente, produzione costante di catarro e infezioni respiratorie frequenti. Le bronchiectasie riconoscono diverse cause da alterazioni genetiche alle infezioni.
In Italia il dato di persone che hanno questa malattia non è noto, ma stando a dati inglesi ne sono colpite 4-5 persone ogni 1.000. “È una malattia in costante aumento nella popolazione – riporta Francesco Blasi, coordinatore italiano dello studio e membro del comitato scientifico del Network internazionale, nonché Direttore della Pneumologia del Policlinico di Milano – Nel nostro Centro Bronchiectasie, il primo in Italia per casistica e caratterizzato da un approccio multidisciplinare con intervento di fisioterapisti, infettivologi e immunologi, abbiamo in cura quasi 1.000 pazienti, ma nonostante i numeri ad oggi non è ancora stato approvato un farmaco specifico”.
Il trial in fase 2 ha dimostrato che questo farmaco antinfiammatorio è in grado di inibire il processo responsabile della attivazione della elastasi neutrofila, una proteina rilasciata dai neutrofili (un tipo di globuli bianchi) come strumento di difesa durante i processi infiammatori, che nel caso di infiammazione cronica diventa il principale responsabile dei danni polmonari. Lo studio, inoltre, conferma che non viene invalidata l’efficacia antibatterica propria dei neutrofili.
La sperimentazione è stata condotta in doppio cieco su 169 pazienti trattati col Brensocatib, questo è il nome del farmaco, e altri 87 con placebo.
Lo studio commenta Blasi “è molto positivo per diversi motivi: si tratta del primo studio su un farmaco antinfiammatorio per bocca (perché sino ad oggi sono in uso solo farmaci antibiotici inalatori e tutti off label) e soprattutto ha confermato i risultati attesi in termini di riduzione degli episodi di riacutizzazione della malattia e di riduzione dei livelli infiammatori nelle vie aeree”.
In tutti pazienti, prosegue Blasi, è stato osservato che “il farmaco è efficace indipendentemente dal tipo di infezione cronica presente nelle vie aeree e quindi a differenza degli antibiotici ha potenzialmente un ampio spettro di utilizzo che va dalle bronchiectasie ad altre malattie delle vie respiratorie come la fibrosi cistica e le malattie polmonari croniche”.
Se questi dati saranno confermati in fase 3, il Brensocatib potrebbe essere riconosciuto come il primo trattamento non antibiotico in grado di prevenire le ricadute infiammatorie il che vuol dire una qualità di vita decisamente migliore e una potenziale riduzione della mortalità per chi è colpito da malattie del polmone come le bronchiectasie.