Mai sottovalutare il cuore dei campioni. E questi, non tutti, ma molti, sono tricampioni d’Italia. Il Three-peat mancava all’Olimpia dal 1985-1988, Dan Peterson era in panchina, Mike D’Antoni era il playmaker, Dino Meneghin il centro boa, Roberto Premier il fuciliere scelto.
Questa è un’altra storia, un’altra squadra. Ma ha vinto il terzo scudetto di fila, tutti contro un’avversaria fortissima, contro Bologna, che non si è arresa neppure in una Gara 4 che sembrava potesse essere a senso unico dopo il 10-0 di inizio terzo periodo e poi addirittura il più 21.
Alla fine la stanchezza, la rabbia avversaria hanno creato apprensione. Nikola Mirotic ha riservato il meglio per il gran finale. Nicolò Melli ha strappato tutto quello che c’era da strappare, 12 punti, nove rimbalzi e una difesa eroica nel contenere Shengelia. Non è MVP perché i giocatori di squadra raramente lo sono. Sappiamo tutti quanto è stato risolutivo per la terza volta consecutiva. Una grande vittoria di squadra, una grande Gara 4, per la seconda volta in tre anni ribaltando il fattore campo della finale nella prima partita per poi chiuderla, senza errori, in casa. 85-73 è stato il risultato di Gara 4. I numeri sono destinati alla storia. Stanotte l’unico numero è il 31.
IL PRIMO TEMPO – Bologna cambia tutto il quintetto ad eccezione di Shengelia. Hackett va ad attaccare in post basso e produce subito cinque punti. L’Olimpia risponde rifornendo Nikola Mirotic vicino a canestro. Segna otto punti e in coppia con Stefano Tonut spara il parziale di 15-2 che ribalta la partita e consegna a Milano sette punti di vantaggio. Dal time-out e dai cambi, esce una Virtus differente. A sua volta piazza un controbreak di 8-0 avviato da un gioco da quattro punti di Cordinier. Il francese esibisce un primo quarto di alto livello, con dieci punti più o meno consecutivi. La Virtus da meno otto va a più quattro. La prima risposta arriva da una tripla di Flaccadori, la seconda da un fade-away di Voigtmann. Alla fine del primo periodo è 23-22 Bologna. L’Olimpia con il secondo quintetto prova subito a riprendere in mano l’inerzia della gara. Polonara con una tripla ristabilisce la parità a 33. Qui l’Olimpia sale di colpi in modo perentorio. Segna una grande tripla allo scadere Melli, Mirotic stoppa Shengelia dalla parte opposta e Napier completa la sequenza con un altro canestro da tre punti. Questa volta, il secondo time-out di Coach Banchi produce una risposta offensiva con i jumper dalla media di Iffe Lundberg. Ma Nikola Mirotic sale in cattedra soprattutto con il suo gioco interno. Due volte completa giochi da tre punti che scavano il massimo vantaggio di 12 punti. Alla fine del tempo è 46-36.
IL SECONDO TEMPO – L’Olimpia parte indiavolata. L’asse Mirotic-Melli produce dieci punti in fila e anche tanta difesa. Il vantaggio esplode a quota venti, anche se con due problemi. Uno sono i tre falli che riportano Shabazz Napier in panchina e l’altro il bonus bruciato in fretta che consente a Bologna di andare otto volte consecutive in lunetta. La Virtus si avvicina fino a 16 punti di distanza. La respinge Shields con un canestro da tre punti. Poi Hines va ad appoggiare il più 21. Bologna risponde ancora, con l’energia di Polonara, i muscoli di Dunston e i missili di Lundberg. Tenta di restare agganciata, piazza un parziale di 6-0 che fa scendere il divario a 15 punti, prima di una tripla di Shields e un reverse lay-up di Cordinier. Alla fine del terzo è 66-50 Olimpia. Nel quarto periodo subentra un po’ di stanchezza, forse anche tensione, testimoniata dallo 0/2 di Voigtmann dalla lunetta. Bologna rientra a meno 12. Melli rompe il ghiaccio con due tiri liberi. Bologna però risponde con una tripla di Abass. In un incidente di gioco esce Napier per un colpo all’occhio. Bologna con un gioco da tre di Lunberg si avvicina a meno nove dopo poco più di quattro minuti. Qui, Mirotic con una spettacolare tripla ripristina i 12 di margine forzando il time-out di Banchi. Alla ripresa, Flaccadori ruba palla poi Hall in penetrazione va a rimettere in ritmo Milano obbligando Bologna ad esaurire i suoi time-out. L’Olimpia conserva i 14 di vantaggio a poco più di tre minuti dalla fine. La Virtus va all’assalto. Cordinier segna a rimbalzo, Pajola ruba palla e Polonara dall’arco riavvicina i suoi a nove punti con 2:26 da giocare e Coach Messina obbligato a spendere il secondo time-out. Mirotic con un grande lavoro in post basso si procura i tiri liberi più importanti. Sono quelli che chiudono la partita e avviano la festa. 85-73, il risultato. Mirotic con 30 punti e 12 rimbalzi è l’MVP di uno scudetto di tutti.
Per Coach Ettore Messina è lo scudetto numero sette della carriera in Italia, ma è anche il terzo consecutivo a Milano: “Abbiamo battuto una squadra forte, dura, profonda, con tante armi in attacco per segnare in modi diversi. Dopo la sconfitta di Trento, abbiamo trovato coesione, determinazione e forse anche l’umiltà di giocare insieme, con i rimbalzi, la difesa, la capacità di attaccare le debolezze avversarie. Questo spiega perché soprattutto in finale abbiamo sempre trovato tanti protagonisti diversi. Direi che abbiamo trovato la solidità che durante l’anno abbiamo avuto solo a sprazzi. Direi che ad un certo punto della stagione poteva sembrare un risultato inaspettato. Adesso siamo soddisfatti, per noi, per tutti, per aver ripagato la fiducia e l’impegno del Signor Armani e del Signor Dell’Orco. Nessuno vuole farti vincere tre scudetti consecutivi, tutti moltiplicano gli sforzi. Per riuscirci devi essere capace di soffrire e noi siamo stati capaci di soffrire”.
Su Stefano Tonut: “Una bellissima stagione. Lo scorso anno in finale aveva giocato pochi minuti, quest’anno si è meritato un posto nei primi cinque, è stato continuo, determinato. Gli italiani per vincere lo scudetto sono fondamentali. Attorno a Melli, abbiamo avuto lui, Flaccadori, mi spiace che Ricci abbia avuto meno spazio di quello che avrebbe meritato. Mi sono scusato con lui per questo. Mi aspetto che Bortolani e Caruso in futuro diventino anche loro importanti: quando hanno dovuto esserlo lo sono stati”.
Sulla chimica di squadra: “Non è stato un problema di uno o due giocatori ma di tutti. In queste settimane di lavoro nei playoff l’abbiamo trovato. Non ho mai avuto in carriera la percezione di essere destinato a vincere, ho avuto momenti in cui avverti una solidità diversa. Così è stato anche quest’anno, durante i giorni di Trento. Ma è stata una stagione difficile. Avevamo grandi ambizioni. Poi abbiamo capito che non tutto stava funzionando. Non abbiamo mai avuto Billy Baron. Non voglio paragonarlo a Belinelli, ma per noi era il nostro Belinelli. Non l’abbiamo mai avuto e pensavamo di averlo. Poi abbiamo commesso un errore che non voglio riesaminare ancora. L’ho fatto una volta e si sono offesi tutti. Date le premesse averla rimessa in piedi e aver vinto penso sia stato importante”.
Su Kyle Hines: “Bello il gesto di Melli di fargli alzare la coppa. Forse lui, da amico, sa qualcosa che io ancora non so. Parleremo con lui. Se decidesse che è il momento di smettere sarà anche il momento in cui diventerà un grandissimo allenatore o dirigente”.
Sulla sua stagione: “Ho letto una bella frase del mio collega Andrea Trinchieri. Ha detto che una sconfitta, una serie non possono definirlo come uomo e come allenatore. Mi fa pensare. Mi ha fatto meditare vedere Simone Pianigiani che ha vinto sei, sette scudetti. Ho letto una bellissima storia su Jerry West: nel suo ultimo anno ai Lakers non ha visto una partita perché soffriva troppo, si macerava per gli errori che poteva aver commesso. Anche questo mi ha fatto pensare”.