Olimpia nella storia, battuta Bologna in gara 7, è il 30° scudetto, la terza stella sul petto

La Chiesa al centro del villaggio. Ogni cosa al suo posto. L’Olimpia Milano sul trono d’Italia, per la trentesima volta in meno di novanta anni, una volta ogni tre. E’ la terza stella, un privilegio aver scritto la storia. Gara 7 è combattuta, sofferta, comandata e infine anche controllata. Un clinic difensivo memorabile. Nove punti concessi nel primo periodo, cinque nel terzo quarto, vincendo senza avere il sostegno del tiro da tre almeno fino a quando non si doveva certificare la vittoria. E allora sono arrivate anche le triple, di Shabazz Napier, di un monumentale Gigi Datome, legittimo MVP della serie, e poi di Billy Baron, uscito alla grande nel finale. 67-55. Scudetto, il primo back-to-back dal 1987. Ogni cosa al suo posto.

IL PRIMO QUARTO – L’Olimpia parte attaccando il ferro. I primi due canestri li segna Datome con tagli centrali. Bologna si affida sui cambi difensivi al gioco interno di Jordan Mickey. Sono suoi tutti i primi sei punti della squadra. Ma nel frattempo l’Olimpia costruisce in difesa i possessi che le permettono di schizzare a più sette, 13-6, dopo circa sei minuti. Il problema sono i due falli veloci fischiati a Melli che obbliga Coach Messina a ricorrere alla panchina prima del previsto. Dopo il time-out di Coach Scariolo, l’Olimpia alza il muro anche con il secondo quintetto che produce due palle rubate. Quando Hall e Shields attaccando il ferro si procurano due tiri liberi il vantaggio sale a 15 punti, prima della tripla conclusiva in transizione di Teodosic per il 21-9.

IL SECONDO QUARTO – L’Olimpia costruisce 16 punti di vantaggio all’inizio del periodo, con Hines e un tiro libero di Napier. Poi però perde un po’ di ritmo, brucia il bonus subito, con il secondo fallo fischiato prima a Hall poi anche a Datome. Su una tripla di Cordinier, Bologna ritorna a meno 11 dopo tre minuti e mezzo. Dal time-out di Coach Messina, Milano esce centrando la prima tripla della partita, con Datome. Ma poco dopo su una tripla di Shengelia con i piedi per terra, Bologna tocca il meno dieci. La risposta è un canestro acrobatico di Shields. Poi arriva anche un prodigioso assist di Napier che manda a schiacciare Hines per il nuovo più 14. Ma l’attacco non ha il sostegno del tiro da tre, così dopo una tripla di Hackett, due tiri liberi e un lay-up di Shengelia il vantaggio è ridotto a nove punti con il secondo time-out di Coach Messina. Al rientro, è Ricci a segnare dall’angolo la tripla che allenta la pressione ma solo fino all’ultimo possesso che è ancora favorevole a Bologna, con una tripla di Shengelia che il nuovo meno nove, 38-29 alla fine del secondo.

IL TERZO QUARTO – Milano torna in campo nervosa, per oltre tre minuti non segna. Tiene grazie alla difesa. Hackett con un fade-away dalla media riporta Bologna a meno sette. L’Olimpia risponde di energia, non di precisione. Segna due volte Melli, con una schiacciata su assist di Napier e un lay-up acrobatico. Il terzo periodo è dominato dalla stanchezza e quindi da percentuali di tiro basse. Bologna si mette a zona. Shields risponde con una tripla che restituisce l’inerzia della partita all’Olimpia, aggrappata alla sua difesa. Una tripla di Ricci per chiudere il periodo scava il più 14, 48-34 in un periodo che registra un parziale significativo, 10-5.

IL QUARTO QUARTO – L’Olimpia avrebbe i palloni per l’allungo, ma continua ad essere imprecisa in attacco, poi Voigtmann commette il quinto fallo, ci sono anche un paio di palle perse. A 7:32 dalla fine, Shengelia firma il gioco da tre che riporta Bologna a meno nove. Qui entra in partita non solo con i suggerimenti ma anche con i punti Shabazz Napier. Prima segna da tre, poi dopo una prodigiosa difesa di Melli su Shengelia, mette anche il tiro dalla media del nuovo più 14. Bologna va all’assalto con la difesa a zona e i suoi veterani tutti in campo, Teodosic, Hackett e Belinelli. Il serbo mette la tripla che spezza il parziale. La seconda è quella del meno otto. L’Olimpia ha una replica feroce. Prima segna Billy Baron poi Datome dall’angolo e a 3:!5 dalla sirena è di nuovo più 14. Baron scava anche il più 15 con una seconda tripla, poi induce al fallo Hackett, va in lunetta e diventa il suo show. Milano dopo un clinic difensivo chiude in scioltezza. E’ lo scudetto numero 30, è la terza stella. E’ la storia.

Coach Ettore Messina ha vinto il suo scudetto numero due alla guida dell’Olimpia, è anche il primo back-to-back dal 1987. Prima di lui avevano vinto due scudetti consecutivi alla guida dell’Olimpia, Giannino Valli, Cesare Rubini e Dan Peterson. “Questo scudetto lo dobbiamo ad una proprietà che, anche nei momenti più bui, ci ha sostenuto con positività, senza mai farsi prendere dall’ansia. Il signor Armani e il Signor Dell’Orco hanno avuto un peso molto importante. Poi è uno scudetto di un gruppo di giocatori che avevano mille motivi per essere insoddisfatti per minuti che non giocavano o per altri motivi, ma alla fine ha sempre trovato la forza di mettere da parte le situazioni personali pensare alla squadra. La dimostrazione è la partita di stasera, dove tutti ci hanno aiutato ed hanno avuti momenti utili, in difesa e in attacco. Poi è lo scudetto di uno staff di persone competenti ed in gamba, intendo lo staff tecnico ma non solo. Siamo enormemente grati ai tifosi per quello che ci hanno dato, non solo oggi, ma anche nei momenti difficili della stagione. Vincere rappresenta sempre una bellissima soddisfazione. Pochissimi avrebbero pensato che una squadra sarebbe stata in grado di vincere tutte le quattro partite in casa, anche io avevo tanti dubbi. Invece, questa è stata prestazione di grande coesione, si sono tuffati su ogni pallone vagante. E tutte le palle vaganti le abbiamo prese noi. Abbiamo fatto un po’ quello che avevamo già fatto in Gara 5, non li abbiamo aspettati, li abbiamo aggrediti”.

Il significato della vittoria: “Non è che facciamo questo per vincere contro qualcuno. Quando ero più giovane avevo l’ansia di rivalsa, ora siamo in un mondo in cui ne capitano talmente tante che non ho voglia e motivazione per fargli vedere qualcosa a chi ha detto o scritto qualcosa. Non leggo, altrimenti ci resterei male, perché sono umano. Sono felice per mia moglie, i miei figli, la mia famiglia, il club. Sono troppo contento per loro e per il pubblico. In un anno così la media spettatori più alta di sempre, quasi 10.000 spettatori per gara”.

Le scelte di turnover: “Hines non lo lascio fuori mai, per la sua storia e per quello in cui crediamo, per me è banale, ci sono cose che valgono più di due canestro o un rimbalzo. Ho scelto Hall, che non ha fatto una grande serie, ma dovevo fronteggiare la fisicità e la profondità della Virtus. Ero molto preoccupato. Quando fai queste scelte, ci sono cinque giocatori che stanno fuori. Questo può spaccare una squadra, se uno di loro andasse a piangere da qualcuno e trovasse terreno fertile tutto si sgretolerebbe. Invece hanno tutti continuato a lavorare, superando anche l’umiliazione quando arriva il giorno partita di andarsi ad allenare individualmente perché non si sa mai. Per questo dico che è lo scudetto di tutte le persone che lavorano con noi”.

La finale di Gigi Datome: “L’abbiamo tenuto in naftalina tutto l’anno. Ho tirato cinquantamila bestemmie quando era fuori, grazie a tutti quelli che hanno lavorato con lui, fisioterapisti, medici, preparatori. Vorrei essere un po’ zen come Gigi, non l’ho mai visto scoraggiato, tranne al preolimpico di Torino quando era giù fisicamente e aveva un gomito impossibile. Ha una grande serenità interiore. E’ stato il nostro MVP, ed è una cosa bellissima”.

Sulla sua stagione personale: “Non sarei mai venuto qui se l’ultimo risultato avesse condizionato i giudizi sul mio lavoro. Ma sapevo fin dal primo giorno che non sarebbe mai stato così, con il Signor Armani e il Signor Dell’Orco. Sono io che se mi sento inadeguato magari mi faccio da parte. Il contratto non conta, ho lasciato due anno di contratto al Real Madrid non è una discriminante. In questa società le decisioni non arrivano con la pancia, per questo sono contento di farne parte”.