“Se ci sono minacce fisiche a me o alla mia famiglia non transigo, se uno poi chiede scusa o dà qualcosa in beneficenza va bene, ma se non ci sono le scuse vado avanti”. Lo ha spiegato il leader della Lega Matteo Salvini, testimoniando in aula a Milano nel processo a carico di un giovane antagonista, Valerio Ferrandi, accusato di avere diffamato e minacciato su Facebook il 25 aprile 2016 l’ex ministro dell’Interno.
Ferrandi, usando un profilo ‘fake’, aveva risposto così in un commento a un post di Salvini: “Salvini, in nome della bellezza e dell’intelligenza. Fai un gesto nobile. Sparati in bocca. Ps: prima o poi verrai appeso a un lampione, ne sei consapevole?”. (ANSA).
“C’è stato un mio errore nei toni, li ho usati mali e mi scuso in questo senso”. Così si è espresso davanti al giudice di Milano Valerio Ferrandi, accusato di avere diffamato e minacciato su Facebook il 25 aprile 2016 l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, che oggi ha testimoniato come parte civile.
Il giovane antagonista milanese, assistito dai legali Eugenio Losco e Mauro Straini, fuori dall’aula ha regalato a Salvini, assistito dall’avvocato Claudia Eccher, il libro di Antonio Scurati su Mussolini e ha detto che ci potrà essere la “volontà comune di chiudere questo processo” con una conciliazione. Si è anche detto disponibile a fare una donazione “alle brigate volontarie per l’emergenza”. Salvini gli ha consigliato di farla all’ospedale Buzzi di Milano e il giovane ha replicato: “Si può valutare, non c’è problema”.
Il giudice in aula ha invitato più volte le parti a trovare una “componimento” della vicenda per chiudere il processo e le parti lavoreranno in questo senso. Intanto, il processo è stato rinviato all’11 dicembre. (ANSA).