“Luca Bernardo non lo conoscevo. Mi ha chiesto di vederci, l’ho incontrato ed è un bravissimo medico, simpatico ed empatico. Se mi vuole ci sono”. A parlare con la ‘Dire’ è Gabriele Albertini, uno degli uomini più discussi nella telenovela, non ancora conclusa, che porterà alla scelta del candidato sindaco del centrodestra da contrapporre a Giuseppe Sala alle prossime comunali d’autunno.
Albertini, ex sindaco meneghino (a Palazzo Marino per due mandati, dal 1997 al 2006) era stato indicato dal leader del Carroccio Matteo Salvini come profilo ideale per la città, prima di sfilarsi, preso da dubbi soprattutto di natura familiare e personale. Era la metà di maggio. Adesso siamo agli inizi di luglio, tuttavia il nodo candidato non è ancora stato sciolto.
In pole position rimane il docente della Bocconi Andrea Farinet, sul quale però si registra la posizione piuttosto fredda di Fratelli d’Italia, con gli esponenti del partito di Giorgia Meloni che assicurano di non averlo ancora conosciuto. Da qualche giorno poi, nella rosa è entrato un nome nuovo, quello di Bernardo, stimato pediatra direttore della Casa di Pediatria del Fatebenefratelli. “Una persona degna- lo incorona Albertini, pronto a fare da vice sia lui che eventualmente a Farinet- motivata e impegnata nel sociale”.
In ogni caso, dopo il suo gran rifiuto, l’ex sindaco un profilo lo aveva proposto. Quello di “Fabio Minoli”, come ricorda lo stesso Albertini riferendosi al manager di Bayer con un passato in politica. In poche parole, l’ex sindaco è disponibile a lavorare con tutti i nomi scritti sui petali della margherita sfogliata dal centrodestra: di Montigny, Minoli, Farinet, Bernardo. Tutti, o quasi: “Ho anche affermato che mi sarei astenuto dal collaborare con il ‘chierichetto affarista’, solo lui”. Una bordata di Albertini indirizzata al leader di Noi con l’Italia Maurizio Lupi, la persona che secondo più di un rumour Berlusconi sin dall’inizio avrebbe voluto candidare, e sulla quale continuano a spingere gli azzurri, accompagnati da tutta l’ala centrista della coalizione.
Ma “nessun veto, anzi- continua ironicamente Albertini- ho consigliato di scegliere lui in quanto più noto, per un’onorevole sconfitta”. I contrasti tra Lupi e Albertini sono, ormai, risaputi. Ma l’atteggiamento di chiusura dell’ex sindaco nei confronti di Lupi sta mettendo in difficoltà una parte della coalizione, non solo quella più vicina all’ex ministro.
Certo è che il tempo avanza e un candidato per Milano ancora non c’è. Tra le fila del centrodestra a microfoni spenti c’è chi parla di “psicodramma” e riconosce a Salvini l’aver provato a ribaltare una sfida che sembrava persa in partenza con l’idea del ticket prima e poi della “squadra”.
Un concetto quest’ultimo (“meglio abbondare”, ha detto ieri il leader del Carroccio durante un punto stampa alla Montagnola di Bologna), che sembra non convincere troppo Fdi, con il senatore Ignazio La Russa che ha spiegato come non è allargando la rosa a più nomi che si può risolvere il nodo del candidato.
C’è chi è sicuro che quella in atto sia una strategia per depotenziare Salvini attribuendogli prima l’incapacità di scegliere e poi una conseguente sconfitta. In ballo infatti, non c’è solo una Milano da riconquistare dopo 10 anni di giunte di centrosinistra, ma una leadership da consolidare all’interno del centrodestra, con la prospettiva del partito unico (o della federazione?) alle porte e l’ascesa che sembra inarrestabile, quanto meno nei sondaggi, di Giorgia Meloni.
Dunque, per quanto riguarda il capoluogo lombardo, tutti gli alleati sono convinti che servirà un’impresa, soprattutto adesso che il tempo stringe sempre di più: nessuno vuole intestarsi la sconfitta, ma nemmeno rinunciare a dire la propria sul candidato.(Dire)