aleXsandro Palombo: città vandalizzata, colpa della politica

Dai tag apparsi sulla facciata della Galleria Vittorio Emanuele II ai climber che hanno scalato la guglia del Duomo a Milano.

In questi ultimi giorni Milano è stata teatro di vandalizzazioni e gesta sconsiderate e non è mancato l’appello di diversi politici che invocano pene più severe per i writer. “Se la città è vandalizzata è per colpa della cattiva gestione e dagli esempi pessimi della politica – dice all’AdnKronos aleXsandro Palombo, artista pop contemporaneo e attivista di origine salentina ma milanese d’adozione, riconosciuto per le sue opere satiriche e irriverenti che si concentrano sulla cultura pop, le disuguaglianze e i diritti umani -. Questa istituzione è inadatta a dare risposte concrete e culturalmente adeguate. Oramai le vandalizzazioni a Milano avvengono h24 e il fatto della galleria Vittorio Emanuele è solo un tassello in più che si è aggiunto alla questione”.

Come il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, l’artista condivide il fatto che “l’atto vandalico sia una ‘dimostrazione di profonda ignoranza’” ma dopo la rimozione delle sue opere che ritraevano Angelina Jolie con i segni della mastectomia e Giorgia Meloni ed Elly Schlein nude e incinte per il tema della maternità surrogata, Palombo ci tiene a sottolineare che la rimozione “è stata una ‘dimostrazione di profonda ignoranza’” delle sue opere d’arte. “Erano state realizzate su pannelli di legno di un cantiere nel centro della città e il Comune le ha fatte rimuovere, nonostante non deturpassero e abbiano dato lustro alla città sui media di tutto il mondo”.

 

L’artista ricorda inoltre quando l’opera dei Simpson in memoria dell’olocausto realizzata vicino al Memoriale della Shoah è stata vandalizzata: “Nessun esponente di Palazzo Marino ha preso posizione, nonostante se ne siano occupati tutti i media del mondo. Ancora oggi i giornalisti stranieri mi chiedono come mai il Comune di Milano censura e fa rimuovere le mie opere d’arte”.

Secondo aleXsandro Palombo “non serve un centro reso un luna park per fashion victim e qualche piccolo grattacielo per decretare Milano come città internazionale, né un Salone del design o una cinquantina di sfilate di moda nel calendario della fashion week ogni 6 mesi. 20 anni fa, dati alla mano, nel calendario di Milano collezioni donna sfilavano qualcosa come 120 griffe e non le appena 50 di oggi. Guardiamo in faccia la realtà e analizziamo la questione in modo lucido, sfuggendo dalla propaganda, perché i fatti raccontano tutt’altro. E se i vandali che hanno deturpato la galleria fossero davvero francesi allora è solo un aggravante perché vorrebbe dire che l’immagine di ‘Milano città vandalizzata’ ha travalicato i confini”.

Le pene per i writer “le stabilisce l’autorità giudiziaria applicando le leggi e il codice penale – osserva l’artista – in questo caso mi pare sia abbastanza chiaro visto che da marzo dell’anno scorso ci sono stati inasprimenti delle pene riguardo chi imbratta i beni culturali, lo dice chiaramente la legge 518-duodecies. È comprensibile che i politici lancino i loro proclami su argomenti di questa portata poiché sono un veicolo veloce e immediato per insinuarsi nella pancia della gente ma è solo un fattore legato ai like che senza azioni concrete di governo non serve a niente”.

E conclude: “Ripristinare un monumento artistico danneggiato o deturpato è un obbligo, un gesto di civiltà, perché l’arte è memoria collettiva e va preservata con ogni mezzo. Però bisogna essere capaci di fare la differenza tra tag, movimento writer e street art. Le tag, come nel caso della Galleria Vittorio Emanuele, che imbrattano e deturpano i muri e i monumenti sono solo azioni vandaliche e non hanno nulla a che fare con l’arte”. (AdnKronos)