di Maurizio Podico presidente APPSA
Come tutti stanno constatando il clima del nostro Pianeta sta cambiando, e rapidamente.
Convenzionalmente si indica l’inizio di un’epoca geologica individuando uno o più cambiamenti rilevanti in grado di apportare modificazioni significative all’ambiente, legate a fenomeni di varia natura.
Un esempio, con una causa ormai indiscutibilmente appurata è stata, la fine del Cretaceo, con l’estinzione di massa dei dinosauri, causata dall’impatto di un grande meteorite sulla penisola dello Yucatan, 65 milioni di anni fa.
Dal punto di vista geologico la nostra epoca è appunto la parte più recente dell’era cenozoica che per grande ironia significa (dal gr.καινός “recente” e ζῷον “animale) epoca degli animali recenti (dopo i dinosauri) in cui, credo, possiamo tranquillamente includere, a ragione, la nostra specie.
Comunque, negli ultimi anni la Commissione Internazionale di Stratigrafia classifica l’epoca in cui viviamo, l’ultima parte del periodo Quaternario,come Olocene, iniziato circa 11.500 anni fa con un periodo freddo alla fine della glaciazione del Wurm, durato un migliaio di anni che ha avuto come effetto specifico la mitigazione del clima del medioriente consentendo le prime attività di colture agricole e la selezione dei primi cereali (civiltà natufiana) e l’inizio della nostra civiltà.
Vorrei tralasciare di inoltrarmi nelle dispute che sterilmente discutono se l’innegabile modificazione del nostro clima sia o non sia esclusivamente effetto della nostra dissennata civiltà e della politica energetica basata sullo sfruttamento dei combustibili fossili o da altre cause come le periodiche modifiche dell’orbita terrestre e dell’irraggiamento solare (cicli di Hale, di Milankovic, ecc.).
Vorrei proporre non il mero battesimo dell’era dell’Uomo come ANTROPOCENE, quella cioè in l’Uomo ha iniziato a modificare l’ambiente sia con grandi operein grado di realizzare una significativa modellazione del paesaggio con dighe, cementificazione ed edificazione delle superfici, che con una forte immissione di CO2 e sostanze chimiche di sintesi, senza dimenticare radionuclidi e OGM, iniziata grosso modo con la prima rivoluzione indutriale agli inizi dell’800.
Ora siamo di fronte ad un bivio, da una parte la scelta di non intervenire se non con BlahBlahBlah (l’unica parte indubbiamente, e amaramente, condivisibile di Greta Turnberg) e pannicelli caldi (come il mini nucleare di IV generazione che non solo non sarà disponibile prima di almeno tre decenni ma che sarà un ulteriore problema in quanto come il fossile aumenta il calore immesso nel sistema) e l’altra; di morigerare il fabbisogno energetico delle nostre attività ricorrendo a solare ed eolico con il supporto dell’ormai consacrato “vettore energetico” idrogeno.
L’elettricità generata dalle fonti rinnovabili è oggi, infatti, legata ad un consumo praticamente istantaneo (adesso la produco e adesso la utilizzo) e l’idrogeno potrebbe divenire, una volta affrontato e risolto il problema dalla sua disponibilità sul territorio, la soluzione green di accumulo dell’energia durante i periodi di produzione andando a compensare i consumi quando le fonti sono poco efficienti (notte, assenza di vento, ecc.).
A questo punto, se la seconda ipotesi dovesse avere uno sviluppo in grado di calmierare il surplus di energia che continuiamo ad attingere dalle fonti fossili mitigando sia l’immisione di CO2 che, specialmente, di calore, potremmo pensare che l’umanità sia entrata in una nuova epoca finalizzata a cercare direstaurare l’equilibrio ambientale onde non avere bisogno di un inesistente Pianeta B.
Vorrei proporre come data di inizio della nuova era, l’Antropocene Green, in contrapposizione al precedente Antropocene fossile, l’11 dicembre 1997 data di stesura del Protocollo di Kioto e della conseguente emersione pubblica del grandissimo problema ambientale che ci stà colpendo.
Nel manifesto delle attività della nuova era vorrei fin d’ora inserire degli obbiettivi come:
- la riduzione delle esigenze energetiche non sostenibili da fonti rinnovabili
- la lotta alla cementificazione del suolo e dei corsi d’acqua e il prelievo controllato degli inerti (ghiaia e sabbia) dagli alvei dei fiumi onde consentire il deflusso delle acque.
- l’introduzione di materiali green che consentano di accumulare CO2 (ed energia) come il nuovo edificio del Campus dell’Università degli Studi di Parma interamente costruito con parti portanti in legno.
- la riduzione delle SUP (Sigle Use Plastics) estendendo l’esclusione anche ai prodotti a vita breve in favore di materiali effettivamente biodegradabili come il “vecchio” cellophane (una delle prime materie plastiche assolutamente degradabile, compostabile e derivato dalla celllulosa!!!)).
- La messa al bando delle microplastiche primarie e la loro sostituzione con i naturalissimi ed ecologici prodotti a base di fibra cellulosica e pietra pomice (di cui riparleremo).
- L’introduzione di motori endotermici a idrogeno in quanto non necessitano di antiecologiche batterie al litio, terre rare e metalli pesanti, per i motori elettrici e le fuelcells, e, forse, anche del platino e palladio per i costosi catalizzatori e dei Filtri Anti Particolato (FAP) dei motori diesel.
- La diffusione dei sistemi “locali” di produzione di idrogeno utilizzando il surplus elettrico dei sistemi a pannelli solari durante i periodi di scarso uso (durante il giorno!) degli impianti domestici.
- Il rinnovo degli incentivi per mitigare l’impatto delle strutture edili sul clima.
Aggiornare o modificare tali obbiettivi al manifestarsi di nuovi temi ambientali ovviamente, rappresenta la flessibilità che il mondo del “tutto elettrico e subito”, non pare aver recepito.
Ovviamente cade nell’assurdo l’iniziativa “Green” che vede sbandierare l’uso della prima nave “Idrogeniera” (neologismo per “trasporto di idrogeno”) la SuisoFrontier con propulsore elettrico che dovrebbe assicurare un sostanzioso approvvigionamento del Giappone (quello del villaggio a idrogeno, mai messo a regime) di idrogeno prodotto in Australia da carbone (!!??), come se la terra dei canguri abbia una innegabile carenza di sole e di spazi (densità media 3 abitanti per chilometro quadrato!)che impedisce di attuare una decente politica greeen con investimenti nel fotovoltaico e nell’eolico!
E dire che l’Australia ha più volte affermato di voler essere la leader della produzione di idrogeno sia per li fabbisogno interno che per l’esportazione!
Comunque, credo che, dopo le ubriacature da mini nucleare, captazione della CO2 dall’atmosfera e farina di grilli parrebbe che si stia tornando ad una solida logica industriale orientata, finalmente, a fare i conti con i costi e i benefici (ambientali) di molte delle soluzioni sbandierate.
Largo agli ingegneri, ai chimici e ai fisici e, scusa Lucas, “che la forza sia con noi”!