Il tribunale di Milano – Sezione autonoma misure di prevenzione ha disposto l’amministrazione giudiziaria di Manufactures Dior srl, società della maison dell’alta moda, in un’inchiesta che riguarda lo sfruttamento del lavoro, in particolare l’uso e lo sfruttamento di manodopera irregolare. Su richiesta della procura i carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Milano avrebbero accertato che “la casa di moda affidi, attraverso una società in house creata ad hoc per la creazione, produzione e vendita delle collezioni di moda e accessori, mediante un contratto di fornitura, l’intera produzione di parte della collezione di borse e accessori 2024 a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi”.
L’azienda fornitrice disporrebbe, però, “solo nominalmente di adeguata capacità produttiva” e avrebbe a sua volta affidato le commesse a “opifici cinesi, i quali riescono ad abbattere i costi ricorrendo all’impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento”.
Una borsa prodotta da un opificio cinese alla committente Dior per un costo di 53 euro veniva rivenduta al dettaglio a 2.600 euro. E’ uno dei dettagli che emerge nel provvedimento del tribunale di Milano che ha portato all’amministrazione giudiziaria di Manufactures Dior srl, che ha come socio unico Christian Dior Italia srl.
In particolare, sono stati controllati quattro opifici – nelle province di Milano e Monza e Brianza – “tutti risultati irregolari nei quali sono stati identificati 32 lavoratori di cui sette tra occupati in nero di cui due clandestini sul territorio nazionale”. Negli stabilimenti di produzione “effettiva e non autorizzata” è stato riscontrato, rendono noto i carabinieri, “che la lavorazione avveniva in condizione di sfruttamento (pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri), in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione) nonché ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico”.
Sono stati denunciati, a vario titolo, per caporalato e altro ben cinque titolari di aziende di diritto o di fatto di origine cinese nonché due persone non in regola con la permanenza e il soggiorno sul territorio nazionale. Infine sono state comminate ammende pari a 138.000 euro e sanzioni amministrative pari a 68.500 euro e per quattro aziende è stata disposta la sospensione dell’attività “per gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro nero”.
Nel procedimento penale per caporalato e per emissione di fatture false per operazioni inesistenti è stata individuata anche una società ‘cartiera’ regolarmente autorizzata dal brand alla sub-fornitura che non provvedeva in concreto alla realizzazione dei manufatti ma rappresentava “un mero serbatoio di lavoratori, i quali una volta assunti venivano impiegati mediante distacco direttamente presso la società appaltatrice lasciando di fatto gli oneri fiscali, contributivi e retributivi a carico della distaccante, così abbattendo i costi da lavoro. Pertanto – spiegano gli investigatori – è stata individuata anche una fatturazione per operazioni inesistenti a carico della ditta sub-appaltatrice”.
Le conclusioni del tribunale di Milano sono che Manufactures Dior srl “non ha verificato la reale capacità imprenditoriale delle società appaltatrici, alle quali affidare la produzione e non ha nel corso degli anni eseguito efficaci ispezioni o audit per appurare in concreto le effettive condizioni lavorative e gli ambienti di lavoro. I modelli organizzativi e gestionali della società, almeno allo stato, si sono nel concreto rivelati inadeguati”.