Aumenta il numero di famiglie con reddito che si rivolgono ai centri e ai servizi Caritas perché non riescono ad arrivare a fine mese. Aumenta anche il numero di minori, spesso figli di immigrati, che vivono in situazioni di povertà e le cui famiglie si rivolgono ai centri di ascolto e ai servizi offerti da Caritas ambrosiana.
È quanto emerge dal Rapporto sulle povertà nella diocesi ambrosiana, elaborato dall’Osservatorio delle povertà e delle risorse della Caritas, presentato questa mattina nel corso di una conferenza stampa svoltasi nella sede di Caritas Ambrosiana a cui ha presenziato anche Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana.
Il rapporto, presentato in anticipo rispetto alle tempistiche abituali (ottobre/novembre) si basa sui dati raccolti nel 2022 a proposito di 14.619 persone aiutate da 137 centri d’ascolto territoriali e 3 servizi diocesani sparsi nell’area metropolitana di Milano e nelle province di Varese, Como (in parte), Monza-Brianza e Lecco, e declina in chiave ambrosiana le informazioni pubblicate martedì su scala nazionale da Caritas Italiana, anticipando alcuni approfondimenti che saranno presentati in autunno.
Nel corso della mattinata sono stati presentati anche alcuni dati del Bilancio sociale Caritas 2022. Il campione di quasi 15mila persone oggetto di analisi nel Rapporto mostra una prevalente e crescente presenza di donne (61,4%) e di immigrati (60,9%, dovuta soprattutto al conflitto in Ucraina e al conseguente afflusso di profughi). In base ai dati emerge come sia in espansione il numero di persone occupate che si rivolgono ai centri Caritas (23,3%, valore aumentato del 58,2% negli ultimi anni), nonostante prevalga sempre il numero di persone disoccupate (51,8% del totale degli aiutati). Chi si rivolge a un centro Caritas lo fa sempre più per problemi di reddito (69,3% degli utenti, il dato più alto mai registrato in diocesi da quando le rilevazioni si sono sistematizzate): tale condizione caratterizza il 71,8% degli utenti italiani e il 77,5% delle persone occupate che accedono ai centri di ascolto e ai servizi. La conseguenza di questo è che sono sempre più frequenti le richieste di beni materiali e servizi rivolte a operatori e volontari Caritas (il 49,2% degli utenti porta richieste di questo tipo, con un incremento del 31% rispetto al 2019), tanto da sopravanzare qualsiasi altro tipo di richiesta (casa, lavoro, orientamento ai servizi, assistenza legale, supporto a percorsi di inclusione). “Oggi il lavoro non è più una garanzia – ha spiegato Gualzetti a margine della conferenza- e questo interroga fondamentalmente il mondo del lavoro e le istituzioni che devono creare condizioni perché il lavoro sia sufficiente per uscire dalla povertà, perché ci sia un reddito adeguato, ci siano dei contratti che non mascherino delle situazioni di lavoro in nero o di sfruttamento. Quindi tutte queste responsabilità noi le consegnamo, vedendole dalle persone che arrivano da noi, a coloro che hanno responsabilità in questa prospettiva perché non è giusto che chi lavora debba poi rivolgersi alla Caritas”.
“Queste persone – ha poi aggiunto – chiedono un’integrazione al reddito, il che rimanda al grande tema delle misure pubbliche come il reddito di cittadinanza che non possono pensare di aggredire solo il lato del lavoro, quindi gli occupabili molte di queste persone hanno una fragilità e una difficoltà nel cogliere le opportunità di lavoro. Bisogna lavorare molto sulle loro competenze, anche relazionali, per mettere tutti in condizione di accedere a un lavoro, ma nel frattempo ci vuole un reddito che li aiuti a vivere in maniera dignitosa e questa non può che essere una misura universale”. Altro tema critico è quello dei minori che vivono in situazioni di povertà, spesso figli di immigrati. A questo proposito il Rapporto evidenzia come 6.384 delle 14.619 persone aiutate hanno dichiarato di avere familiari (situazione che di fatto estende l’aiuto diretto e indiretto dei centri e servizi Caritas a 30.671 persone). Nelle famiglie aiutate da Caritas vivono 3.584 minori (di cui il 33% in età prescolare). Il 76,5% dei nuclei con minori sono di origine immigrata, il 23,5% sono italiani. L’87,1% dei nuclei con minori si rivolge ai centri Caritas per problemi di reddito mentre il 18,2% dei nuclei con minori ha problemi abitativi. Se da un lato la presenza di figli piccoli o adolescenti rappresenta un fattore di infragilimento di fronte al rischio povertà, dall’altro lato sussiste anche un problema di trasmissione intergenerazionale della povertà, a causa della quale più della metà delle persone povere è cresciuta in contesti di deprivazione economica.(MiaNews)