Secondo l’osservazione dell’Istituto di Ricerca Altamedica Omicron sta smettendo di variare. Lo dicono i dati relativi agli ultimi 68 sequenziamenti del genoma virale con metodica NGS. Di questi 55 (circa l’80%) presentano la forma originale e 13 (circa il 20%) presentano limitatissime micromutazioni (dette sublineage) che non modificano la sostanza.
“Possiamo affermare che la Omicron appare stabile – afferma il professor Claudio Giorlandino, direttore scientifico dell’Istituto di Ricerca Altamedica – Il nostro studio si è concentrato sugli importanti cambiamenti degli ultimi 15 giorni nei quali la Omicron è cresciuta rapidamente fino ad arrivare, oggi, al 100% dei casi positivi. Abbiamo concentrato la nostra attenzione soprattutto verso gli outpatients, cioè le migliaia o centinaia di migliaia di soggetti che si infettano ma che rimangono a domicilio, non presentando patologie severe e che rappresentano, oggi, il 99,7% dei contagiati. Dalla osservazione dei 3.486 positivi su circa 21.000 esaminati dall’8 dicembre al 22 gennaio, è emerso che Omicron determina, di fatto, una rino-faringo-tracheite. I pochi casi più severi (circa il 2%) sono verosimilmente riferibili alla coda della Delta.”.
“Infatti in 45 giorni, tra i 3.486 reports di contagiati inviati alla piattaforma ministeriale abbiamo ricercato, a campione, il genotipo, osservando una progressiva riduzione delle infezioni da Delta e, particolarmente nelle ultimissime settimane, sono emersi dati veramente tranquillizzanti che possiamo così schematizzare: intanto la percentuale dei tamponi positivi si è ridotta di 1 punto attestandosi attualmente al 16,5%, in lieve decremento rispetto alla media del mese precedente (8 dicembre/ 7 gennaio) che era del 17,5% – afferma Giorlandino – La osservazione più importante sta nell’aver documentato che la percentuale delle varianti esaminate a campione settimanalmente, ha visto una progressiva riduzione della variante più aggressiva, la Delta, che però a noi non risultava ancora affatto scomparsa, attestandosi intorno al 15% fino alla scorsa settimana. Attualmente, in questa ultima settimana, su 68 sequenziamenti, della pericolosa Delta, non si è più trovata traccia”.
“L’Omicron è una variante del virus Sars-Cov-2 che si trasmette molto facilmente con le goccioline salivari del Flugge, essendo un virus che si localizza prevalentemente nelle vie aeree superiori. Questa, rispetto alla variante Delta non si aggancia in quelle cellule che presentano una proteina della superficie denominata proteasi 2 della serina della transmembrana (TMPRSS2). Questa proteina, molto espressa dalle cellule endoteliali respiratorie del polmone, dell’apparato digerente e della prostata, è un co-recettore della porta di ingresso del virus, il recettore Ace2 ed offre un eccellente piano di aggancio per la spike della Delta ma non viene legata da quella della Omicron. Quindi, tale ultima variante nell’aggredire le cellule non predilige, come le altre 50 varianti conosciute, gli organi più interessati alla morbilità, come i polmoni, dove invece, come detto, la TMPRSS2 è sovraespressa. La letteratura sta infatti stressando il concetto che la differenza nella via di ingresso tra le varianti Omicron e Delta può avere un’implicazione sulle manifestazioni cliniche o sulla gravità della malattia”, aggiunge il direttore scientifico di Altamedica.
“Questo rende ragione del fatto che molte terapie intensive hanno recentemente notato due cose, la prima è la riduzione degli accessi per Covid, malgrado la pandemia Omicron dilaghi, e la seconda, soprattutto dove sono state eseguite sequenze accurate della nuova variante, è la totale assenza della stessa variante nei pazienti ‘critici’. L’Università di Berkeley analizzando le banche dati della sanità californiana ha notato che in questi ultimi giorni, su 50mila individui colpiti dalla sudafricana, solo 7 sono finiti in terapia intensiva e solo 1 è deceduto per complicanze diverse. Ma anche da noi, a Bergamo, la terapia intensiva riferiva recentemente, l’assenza di Omicron”, conclude Giorlandino.