Ricostruire la rete di contatti di Kujtim Fejzulai, il 21enne di origini macedoni responsabile dell’attentato a Vienna del 2 novembre 2020, è stato l’oggetto di una serie di indagini internazionali che si sono susseguite negli ultimi mesi e che hanno portato a individuare, tra gli altri, il 30enne kosovaro Heset Musa, che aveva fatto da intermediario per la consegna di un documento falso destinato a far fuggire il terrorista dopo l’attentato.
A lui la polizia austriaca ha collegato il 35enne ceceno T.A., un richiedente asilo che viveva nella provincia di Varese. Era lui a gestire un sito Internet e un account Instagram in cui si pubblicizzava la produzione e la vendita di documenti contraffatti.
A partire da questi riscontri le forze dell’ordine, collaborando a livello internazionale, sono riuscite a destrutturare una complessa organizzazione criminale, considerata una delle più importanti in Europa e nei Balcani nel gestire il traffico di documenti falsi.
L’operazione, denominata Caucasian Job, ha portato questa mattina all’arresto di 7 persone, un cittadino russo di etnia cecena e sei cittadini ucraini, a Milano ed in altre città della Lombardia.
Tra la fine del 2018 e l’inizio di quest’anno, l’organizzazione ha venduto in tutta Europa oltre mille documenti falsi, alcuni dei quali intestati a stranieri già segnalati, in ambito di cooperazione internazionale, per il loro collegamento con il fenomeno dei foreign fighters.
Dato che tra le numerose commesse ricevute, estrapolate da oltre 100mila chat individuate nei device sequestrati, c’era appunto quella relativa al documento destinato all’attentatore di Vienna, il ceceno T.A. è stato indagato per associazione con finalità di terrorismo.
La Guardia di Finanza ha svolto una serie di perquisizioni e accertamenti in merito a significative anomalie riscontrate in alcuni trasferimenti di denaro, richieste ai principali Istituti di pagamento comunitari.
Questi accertamenti bancari hanno consentito individuare i flussi di denaro dell’organizzazione, in entrata e in uscita dal territorio nazionale, che si aggiravano intorno ai 250mila euro. In particolare, in stretta sinergia con l’Unità di Informazione finanziaria e con le Financial Intelligence Units estere, sono state analizzate circa 5mila transazioni, oggetto di segnalazioni di operazioni sospette, effettuate in 60 differenti Stati, compresa l’Italia, da circa 2mila soggetti.
L’inchiesta ha consentito di ricostruire l’intera organizzazione, con base in Ucraina, accertando le responsabilità dei 7 arrestati che, con diversi ruoli, contribuivano alla realizzazione e al traffico di documenti. Il meccanismo semplice ma collaudato. L’interessato contattava, telefonicamente o via web, i procacciatori dell’organizzazione, indicando la tipologia del documento.
L’organizzazione era specializzata in tutti i tipi di documenti, dai passaporti ai certificati di nascita, che era in grado di realizzare in ottima qualità. Una volta avuta la conferma del pagamento tramite agenzie di trasferimento di denaro, i documenti prodotti dall’Ucraina venivano trasportati in Italia da due corrieri e consegnati agli intermediari. Questi ultimi erano un’insospettabile coppia di mezza età, H.P. e L.P., padre e madre di famiglia. A questo punto i documenti venivano spediti attraverso i vettori ordinari al destinatario finale.
L’attività di questa organizzazione era particolarmente rilevante nell’ambito degli spostamenti dei foreign fighters. Dal 2004 le migliaia di combattenti che sono partiti dall’Europa per unirsi all’Isis sono stati inseriti in una lista consolidata. Alla caduta dello Stato Islamico, i confini dell’area Schengen sono stati attrezzati per fermare i combattenti di ritorno: da qui l’importanza dei documenti falsi per eludere la banca dati europea.
L’attività investigativa della polizia prosegue per ricostruire l’intera filiera che ha beneficiato dei documenti falsi, anche per accertare che tra gli acquirenti non ci siano elementi riconducibili al terrorismo internazionale.(MiaNews)