Foibe, celebrazioni del Giorno del Ricordo e polemiche

“In questo specifico caso – in merito alla commemorazione del Giorno del Ricordo – parlo con i referenti delle associazioni che mi pare invece siano completamente d’accordo, il resto sono polemiche strumentali, alle quali vorrei solo ricordare una cosa: se c’è questo documento dipende da un sindaco e si chiama Beppe Sala perché gli altri hanno fatto solo chiacchiere. Non parlo degli altri sindaci, ma delle opposizioni in generale che oggi si lamentano. Comunque è tutto concordato con le associazioni”. Lo ha detto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, a margine della commemorazione e della deposizione delle corone al monumento dedicato ai martiri delle Foibe in piazza della Repubblica in occasione del Giorno del Ricordo commentando le contestazioni arrivate ieri dal centrodestra che accusava il Comune di voler limitare le commemorazioni impedendo la benedizione del monumento.

“Grazie al cielo, c’è un Giorno del Ricordo”. Così Barbara Tarticchio, figlia di Pietro, testimone dell’esodo giuliano-dalmata, il quale non è potuto essere presente per problemi di salute, ha sciolto la tensione e la commozione che ha provato partecipando alla commemorazione dei martiri delle Foibe a Milano, al monumento a loro dedicato in piazza della Repubblica, già piazza Fiume. Un anno, il 2024, particolarmente significativo poiché ricorrono i 20 anni dall’istituzione di questa solennità con cui, ha detto il sindaco Giuseppe Sala, nel suo intervento, “l’Italia fa i conti con una tragedia a lungo negata”. “Un momento – ha aggiunto – in cui le istituzioni e ogni parte politica hanno il dovere morale e civile di commemorare il sacrificio di migliaia di italiani e degli esuli dalla Venezia Giulia, dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, con la stessa unità mostrata nell’approvazione del Giorno del Ricordo o nella costruzione di questo monumento”, inaugurato nel 2020 alla presenza, oltre che di Sala stesso, dei sindaci di Trieste e Gorizia, di varie associazioni e delle Comunità istriane e di Fiume. Gli orrori delle Foibe, ha continuato Sala “sono una macchia indelebile della nostra storia. Per questo è fondamentale ricordare e tramandare, al fine di scongiurare sia l’odio che il negazionismo, mali che abbiamo il dovere di estirpare. Una necessità ancora più avvertita in questa epoca di emergenze e di guerre”. Parole a cui hanno fatto eco le dichiarazioni del ministro del Turismo, Daniela Santanchè, presente alla cerimonia insieme a vari esponenti di FdI. Dopo aver lasciato, “come abbiamo sempre fatto” ha tenuto a precisare, una corona di fiori al monumento, Santanchè ha spiegato: “Siamo presenti sempre per lo stesso motivo: la storia deve essere raccontata tutta. E come abbiamo sentito dalle parole di oggi, questa storia è stata per tanti anni dimenticata e negata. Adesso questa parte di storia si racconta e vogliamo che si continui a raccontare, perché è giusto che le nuove generazioni conoscano tutta la storia della nostra nazione”. Un ruolo fondamentale nel tramandare gli eventi accaduti nei territori istriani a cavallo della fine della seconda guerra mondiale lo hanno proprio le persone che li hanno vissuti sulla loro pelle e la famiglia di Barbara Tarticchio ha avuto ben 7 infoibati. “Mio padre – ha detto Barbara – racconta di come hanno prelevato il nonno, la notte, quando sono entrati in casa i partigiani di Tito con la bustina rossa. Ricorda il terrore, gli scarponi chiodati. Ricorda che gli annodarono i polsi con il filo di ferro, che lo spinsero fuori con il calcio del fucile. Ricorda dov’era imprigionato, lo vedeva da una finestra, c’era una grata. Era rasato, emaciato, sembrava torturato”. In ogni caso, ha aggiunto: “Mio padre è stato ‘fortunato’, perché non ha vissuto la realtà dei campi profughi. Però ha vissuto l’accoglienza con la diffidenza. Agli italiani non tornava che alcuni scappassero dal paradiso comunista di Tito: dovevano restare lì, era una vita meravigliosa. Se venivano via voleva dire che erano fascisti o, in ogni caso, chissà cosa avevano fatto per farli venire via. L’accoglienza non fu delle migliori in un primo momento”. Successivamente, le cose sono cambiate. Con il senno di poi quasi che l’accettazione e la comprensione sono riuscite a farsi spazio in una memoria e in un ricordo duri e pieni di sofferenze. “Era un’Italia così – ha concluso Barbara Tarticchio -. Gli esuli arrivavano in un’Italia da ricostruire. ‘Rubano lavoro’, si diceva. In realtà non rubavano niente a nessuno, però c’era fame di lavoro e quest’ondata ne aveva bisogno. Non erano i tempi giusti. Forse politicamente si è tenuto a insabbiare, a nascondere questa storia, dopodiché è venuta fuori…e, grazie al cielo, c’è un Giorno del Ricordo”.

“Dopo che Fratelli d’Italia propose e vide approvare con Andrea Mascaretti primo firmatario l’impegno a celebrare il Giorno del Ricordo con una mostra dedicata, da due anni il Comune di Milano dimostra di fare il suo compito, o meglio, compitino direbbero i maligni. Si, perché oltre a non permettere durante le celebrazioni la parola a tutte le associazioni operanti sul territorio, tre o quattro al massimo attive da sempre, non si pubblicizza nemmeno la mostra sul Giorno del Ricordo a Palazzo Marino: all’esterno nessuno delle migliaia di passanti sa dell’esposizione all’interno. Ricordiamo inoltre l’impegno a trovare una sede gratuita e uno spazio museale ancora mancanti. Attualmente la sede concessa è a pagamento. Insomma, grazie ma possiamo avere più coraggio per sconfiggere gli anticorpi di certe tendenze revisioniste e tendenti all’oblio che ci devono vedere tutti compatti sempre”. Lo dichiara Riccardo Truppo, capogruppo di Fratelli d’Italia a Palazzo Marino. (MiaNews)