I corpi idrici lombardi sono malati cronici. È un quadro a tinte fosche quello che emerge dai dati presentati nel Piano di Tutela ed Uso delle Acque da Regione Lombardia, secondo
il quale solo il 27% dei fiumi, il 53% dei laghi e il 17% dei corpi idrici sotterranei raggiungono attualmente l’obiettivo “buono” come richiesto dalla Direttiva Acque (2000/60/CE), la normativa europea nata per impedire il deterioramento dello stato dei corpi idrici dell’Unione europea. Tutti gli altri sono rimandati al 2021 o al 2027.
Il fiume Olona, che rientra nel complesso bacino Lambro-Seveso-Olona, non fa eccezione. Questo corso d’acqua, anche se negli ultimi dieci anni ha fatto degli importanti progressi, rimane uno dei corpi idrici più compromessi della regione. Seppure nel passato la situazione di criticità fosse dettata da attività industriali che riversavano nel fiume acque reflue non depurate, attualmente risulta sempre più evidente che il carico inquinante residuo sia di
origine civile. Mentre la quota attribuibile agli scarichi illegali è oramai sostanzialmente irrilevante, infatti, molto significativa è la pressione derivante dalle acque trattate dai depuratori o rilasciate dagli sfioratori di piena.
Queste tematiche sono state al centro dell’incontro pubblico “Il fiume Olona ai tempi dei cambiamenti climatici”, organizzato presso la Biblioteca Civica di Castellanza (Va), al quale hanno partecipato enti pubblici e di monitoraggio, associazioni del terzo settore, gestori del Servizio Idrico Integrato. Presenti alla serata il Sindaco di Castellanza Mirella Cerini, il consigliere comunale di Castellanza Flavio Castiglioni che ha moderato l’incontro, il responsabile del settore Acqua di Legambiente Lombardia Lorenzo Baio, Pietro Genoni e Anna Brambilla e Elena Caprioli di ARPA Lombardia, Viviane Iacone dell’ufficio prevenzione rischi naturali e risorse idriche di Regione Lombardia, Franco Brumana dell’associazione Amici dell’Olona, il presidente e amministratore delegato del Gruppo Cap Alessandro Russo, il presidente della società Alfa Srl Paolo Mazzucchelli, Mario Clerici di Contratti di fiume, Stefania
Mazzaracca dell’Istituto Oikos, Raul Dal Santo del Parco dei Mulini, Gianluigi Forloni del Comune di Rho e Valentina Minazzi del circolo Legambiente Varese.
Durante il convegno si è cercato di dare risposte a due questioni fondamentali: la sfida ancora aperta di riuscire a rispettare la scadenza del 2027 per riportare il fiume Olona allo stato di qualità “buono”, dopo la proroga da parte dell’Europa e la capacità del territorio del bacino di
sopportare eventi meteorologici sempre più estremi.
«Il 2027 e le successive sanzioni europee sono dietro l’angolo – ha ricordato Lorenzo Baio, settore acqua di Legambiente Lombardia –. L’Italia e la Lombardia, cronicamente in ritardo, stanno inseguendo le scadenze comunitarie che prevedono gli interventi necessari al risanamento. Non possiamo più aspettare, né pensare che basti fare il minimo sforzo. Piuttosto, l’impresa è di quelle che fanno tremare le gambe. Le sfide, da sempre rimandate, sono legate alla creazione di sistemi di collettamento e depurazione efficienti, alla riconquista da parte dei territori della naturalità e della fruizione dolce, al miglioramento morfologico e alla restituzione di spazi al fiume perché vengano ripristinate le sue capacità autodepurative e gestiti al meglio i fenomeni meteorologici estremi. Solo così potremo dire di aver visto rinascere davvero il fiume Olona».
La tavola rotonda, che ha visto coinvolti i relatori, è stata l’occasione per approfondire le problematiche legate alle pressioni antropiche significative ancora presenti, l’attenzione
per la qualità delle acque non solo per rispettare i limiti normativi, ma, soprattutto, per salvaguardare i corpi idrici ricettori. Sono stati illustrati anche gli strumenti di adattamento ai cambiamenti climatici nella Città Metropolitana di Milano e gli interventi puntuali di riqualificazione ambientale che possano portare benefici al fiume Olona, in termini di
paesaggio, qualità delle acque e fruizione del territorio, creando una “cultura del fiume”, come stanno facendo alcuni progetti con il sostegno di Fondazione Cariplo.
«Non possiamo non guardare agli avvenimenti giudiziari di questi giorni come una sconfitta della buona gestione della “res publica”. In provincia di Varese è stato portato alla luce un sistema politico e amministrativo inquinato, che ha causato solo danni e ritardi al nostro fiume – ha dichiarato Flavio Castiglioni, rappresentate dei circoli Legambiente della Valle Olona –. Ora confidiamo che la magistratura metta fine a questo apparato di malaffare, ma è
necessario un decisivo cambiamento di passo e che si possa quindi ripartire, contando sulle persone oneste che hanno a cuore l’interesse comune e non quello privato».
A tal proposito durante la serata si è dato spazio anche al concetto di “citizen science”, con la possibilità che la società civile sia da stimolo e aiuto grazie ad attività di “monitoraggio in continuo” del territorio e una responsabilizzazione dei cittadini su temi ambientali.