Da oggi c’è un nuovo motivo per una visita a Milano, almeno per gli appassionati di tecnologia: si tratta di quello che ci sentiamo di poter dire sia il più bel negozio di elettronica e hi-tech in Italia. Il negozio MediaWorld di viale Certosa a Milano, già uno dei più grandi e attrezzati della catena, ha cambiato completamente faccia in alcuni mesi di lavoro in cui, Covid-19 a parte, l’operatività è sempre stata garantita con spostamenti interni dei reparti e veri e propri “miracoli” delle maestranze.
Ora si chiama MediaWorld Tech Village e si presenta con il classico assetto da borgo italiano, con una piazza centrale per gli eventi, un grande “mercato” (la classica esposizione da negozio, ma alla massima espressione possibile) e tante “botteghe tecnologiche” disposte lungo il perimetro, i portici, nella metafora della piazza.
L’idea è semplice: il negozio va ripensato, nella sua ossatura profonda. Un semplice “cash&carry” potrebbe non servire più o comunque non essere più funzionale alle mutate esigenze. Cambiare quindi e con forza: seguendo il discorso netto fatto dal CEO di MediaWorld Guido Monferrini, “Innovare o scomparire”. E qui di innovazione ce n’è tanta, a partire dai tantissimi negozi monomarca separati e integrati nel superstore come non si era mai fatto in Italia.
Il principio è che la tecnologia ha troppe sfaccettature per accontentarsi dei soli scaffali di un superstore ma richiede qualcosa di più, soprattutto per i prodotti più importanti; un negozio monobrand, con tutti i prodotti disponibili e addetti che di quel brand sappiano veramente tutto, è una delle risposte. Se i negozi monobrand fossero in giro per la città, si faticherebbe per visitarli tutti e farsi un’idea di cosa comperare.
Il MediaWorld Tech Village risolve quest’esigenza unendo tutti i reparti classici di un superstore di elettronica (distribuiti nei due piani nella parte centrale degli spazi) anche 24 negozi specializzati, quasi tutti monobrand e gestiti da personale dei diversi marchi; negozi che però sono pienamente integrati dal punto di vista commerciale con quello principale.
Questo vuol dire che i prezzi (dai cartellini in poi) nei negozi monobrand sono quelli di MediaWorld, ma l’allestimento, l’assistenza pre-vendita, l’ospitalità e la spiegazione dei prodotti è quella dei brand che operano direttamente nella propria “bottega”. Questo fa sì che il negozio sia mediamente molto più presidiato di un negozio normale: il nuovo TechVillage di Mediaworld impiega, tra area di vendita classica e botteghe, circa 150 persone, più del doppio di quanti non siano normalmente gli addetti di un super-store di elettronica. E l’azienda ha confermato che per questo lancio sono state anche assunte nuove persone, una rarità visto il periodo.
Il risultato finale, proprio nel momento in cui le fiere di settore storiche battono in ritirata colpite dal Covid-19 e da una certa disaffezione dei brand, è quello di avere una sorta di fiera permanente da MediaWorld, con i negozi che diventano veri e propri stand con le più importanti novità che – c’è da scommetterci – verranno esposte in anteprima proprio qui man mano che vengono presentate.
Anche il fatto che ci sia una nuova inaugurazione è merce rara in questa Milano che sembrava il centro del mondo solo qualche mese fa e che ha pagato, insieme alla Lombardia, il prezzo più alto dell’emergenza Covid-19. Tanto che il debutto del MediaWorld Tech Village è diventato un fatto simbolico di una Milano che si rialza: a suggellare questo evento e a tagliare il simbolico nastro è venuto il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana.
Per trasformare il negozio in un “Tech Village”, MediaWorld ha agito innanzitutto sul fronte estetico: lavorando a braccetto con il designer Fabio Novembre, sono stati ridefiniti i flussi all’interno del negozio (ora c’è una sola entrata e una sola uscita, salvo quelle di sicurezza) ed è stata cambiata drasticamente l’estetica, con l’impiego di finiture e materiali che di solito non trovano spazio nei superstore di elettronica che – diciamocelo – sono spesso più simili a supermercati che ad ambienti eleganti.
L’impiego, per esempio, di ledwall sulle colonne all’ingresso, la scelta di controsoffittare alcune parti del negozio, il fatto di utilizzare le barre LED non solo come fonte luminosa funzionalistica ma anche come decorazione che definisce i flussi di attraversamento degli spazi.
Anche limitandosi alla sola area di vendita “tradizionale”, l’esposizione è eccellente: basti vedere la parte riservata all’hardware per il gaming.
Una sfilata di cuffie gaming che è difficile trovare altrove; una varietà di accessori, volanti, sedie, PC che è possibile provare; certamente un assortimento particolarmente ricco in occasione dell’inaugurazione ma che, se verrà mantenuta anche nei prossimi mesi, è capace di far impallidire anche negozi più specializzati.
E poi tutto il settore sulle nuove mobilità, con una buona varietà di bici elettriche e monopattini e un’ampia serie di accessori anche in quest’ambito.
E qui forse sta la ricetta, molte volte promessa dai retailer italiani ma quasi mai mantenuta: riuscire a riunire in uno superstore hi-tech la forza della multispecialità; in pratica avere tutto, cercando di essere specialisti su tutto. È chiaro che per potenziare e raggiungere questo obiettivo non bastano gli addetti vendita tradizionali che non possono conoscere tutto lo scibile tecnologico. Ed è qui che i negozi monomarca vengono in aiuto. Sono presenti direttamente negli spazi, con proprio personale, i brand più importanti: AEG, Amazon, Apple, Bose, Dyson, Garmin, Haier, HP, Huawei, LG, Logitech, Moulinex, Nespresso, OPPO, Rowenta, Samsung, SKY, Sony, Vodafone, Xiaomi.
I più attenti avranno notato una cosa curiosa per chi mastica fatti di mercato: nella lista dei brand c’è anche Amazon, in pratica come parlare del diavolo in chiesa.
Ma oramai siamo in un mondo di convergenze e abbattimento degli steccati: sul decoder di Sky c’è l’app di Netflix, sui TV di Samsung c’è Apple TV e da MediaWorld c’è Amazon. Certo, Amazon non come venditore, ma nella sua declinazione Alexa (compare infatti solo questo brand con un logo indedito), una “bottega” che riunisce tutti i prodotti Alexa del negozio (oramai tantissimi), accesi e funzionanti, sperimentabili dall’utente con la guida di un commesso specializzato. Un posto in cui se dici “Alexa”, ti rispondono in mille…
Questi negozi, a parte la merce esposta e generalmente funzionante, non hanno scorte: il magazzino è quello di MediaWorld. Se un cliente decide nel negozio monobrand di acquistare qualcosa, viene chiamato un commesso MediaWorld che si occupa di recuperarlo in magazzino e di consegnarlo al cliente. Cioè, alla classica esperienza di un superstore di elettronica si aggiunge, prima della decisione di acquisto, tutta una fase di formazione e informazione che rende la scelta molto più consapevole. Le botteghe, infatti, sono pensate anche come spazi formativi: al fitto calendario degli eventi di formazione di MediaWorld (già sono partite attività con Tesla e Canon), vanno a sommarsi tutti quelli che i singoli brand vorranno organizzare nei propri spazi, alcuni dei quali già attrezzati con sedute e display per seminari e incontri.
In totale, tra zone per gli eventi temporanei, gli spazi di vendita tradizionale e le botteghe, il nuovo MediaWorld Tech Village si articola su 7000 metri quadrati, una superficie poderosa. Ma la dotazione del negozio è talmente ampia (si parla di 50mila prodotti) che lo spazio c’è, ma non abbonda.
C’è anche un centro servizi ripensato, con diverse funzioni oltre alla classica assistenza amministrativa: come per esempio la riparazione dei prodotti, la stampa 3D, la stampa di cover e custodie, e così via. Il tutto con un sistema regolafila a canali differenziati a seconda di quello che si deve fare e una serie di sportelli.
(DDay.it)