È preoccupante la situazione a Mariano Comense dopo l’incendio divampato ieri nella discarica di rifiuti: il forte vento ha propagato il fumo rendendo l’aria irrespirabile.
Le cause dell’incendio sono in fase di accertamento, ma questa discarica aveva già subito due incendi in meno di una settimana nel 2018 e secondo le testimonianze raccolte dagli abitanti del posto, nelle ultime settimane si è assistito ad un via vai di camion che hanno scaricato grandi quantità di materiali, tanto che il fronte della discarica risultava visibilmente modificato.
«Si tratta dell’ennesimo caso di incendio in una discarica di rifiuti indifferenziati – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia -. Le dinamiche e le cause devono essere accertate al più presto per individuare eventuali responsabilità di quello che, a tutti gli effetti, potrebbe essere un reato ambientale. Quel che è certo è che ancora una volta ci troviamo difronte ad un evento drammatico dove a farne le spese sono la salute dei cittadini e l’ambiente: siamo preoccupati per l’incremento di episodi di questo tipo. È necessario uno sforzo ulteriore da parte dell’autorità giudiziaria e di controllo per comprendere se esiste un filo conduttore tra tutti questi casi. Torniamo a chiedere a gran voce la chiusura di discariche obsolete, insicure, ai confini di aree abitate».
Secondo i vigili del fuoco ci vorranno alcuni giorni per domare le fiamme e evitare che scoppino altri focolai, la discarica sorge vicino all’abitato e la zona boschiva è a rischio. Siamo difronte ad un disastro ambientale dettato ancora una volta da una gestione dei rifiuti insostenibile.
«Troppo spesso in Brianza assistiamo a miasmi, fumate nere e odore di materiali plastici bruciati: chiediamo maggiori controlli – dichiara Antonello Dell’Orto, del direttivo del circolo di Legambiente Seregno -. Non vorremmo che le discariche venissero consideraste al pari di capannoni industriali, che abbiamo già assistito bruciare nei mesi scorsi, diventati luoghi di stoccaggio di materiali che non si sa dove conferire. Serve una gestione più oculata dei rifiuti, in particolare quelli plastici».
Assistiamo ad un paradosso: le aziende a rischio di incidente rilevante inserite nel censimento ufficiale che recepisce la direttiva europea Seveso III vengono costantemente monitorate secondo un rigido protocollo, rispetto ad altre che trattano materiali altrettanto pericolosi o, come in questo caso, rifiuti speciali, ma il cui ciclo produttivo è per legge sottoposto solamente ad Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Legambiente da tempo chiede di rendere più rigide le norme anche su questo tipo di impianti.