Intervista all’On. Andrea Mandelli, vicepresidente della Camera, si parla di sanità.

L’On. Andrea Mandelli è vicepresidente della Camera dei Deputati e candidato per Forza Italia nel Collegio  Uninominale Lombardia 1-U07 Milano Loreto. Dal 2009 è Presidente della Federazione Ordini Farmacisti Italiani. È inoltre presidente dell’Ordine Interprovinciale dei Farmacisti di Milano, Lodi, Monza e Brianza. Il 10 marzo 2021 è eletto nuovo Vicepresidente della Camera dei deputati, in sostituzione di Mara Carfagna.

D-In che modo si può affrontare la situazione futura sui medici di  famiglia,  perché nei prossimi anni ci sarà una forte diminuzione del  numero, in ogni regione?

R-È una domanda molto seria, perché questa situazione rischia di incidere  concretamente sulla diagnosi e la cura delle persone. Certamente è  necessario intervenire anche a livello universitario, aumentando i  posti e rendendo il territorio più attrattivo per gli specializzandi,
senza però penalizzare la qualità della nostra formazione, che è  eccellente. In questo senso, sarà necessario intervenire sulle strutture  universitarie per metterle in condizione di formare al meglio più  giovani medici. Nel frattempo, ciò che si può fare subito è alleggerire  gli oneri burocratici che gravano sui medici di famiglia, semplificare  la compilazione dei piani terapeutici e dei registri di monitoraggio. In  altre parole, liberare ore preziose, perché siano dedicate ai pazienti e  non alle carte. In questo senso, bisogna scommettere sempre di più sulla  digitalizzazione dei processi burocratici, sul supporto che la farmacia  può dare alla medicina generale e alla territorialità in genere – dai  test diagnostici alla prenotazione delle prestazioni specialistiche – e  poi puntare su un nuovo concetto di domiciliarità, basato sulla  telemedicina. 

D- In Italia stiamo assistendo anche alla diminuzione degli infermieri,  dovuta alla diminuzione dei laureati e dei lavoratori che vanno in  pensione. Come si può affrontare la situazione?

R-L’infermiere sarà una figura chiave per la sanità del futuro. Le  competenze di questo professionista si sono estese negli ultimi anni e  non ho dubbi che continueranno ad ampliarsi. Si moltiplicheranno gli  infermieri di comunità, che affiancheranno i medici di famiglia, e
conosceremo un numero crescente di infermieri specializzati, dedicati  nel setting ospedaliero a procedure e mansioni sempre più specifiche,  verticali e di responsabilità crescente. E’ chiaro che tutto questo  debba andare di pari passo con adeguati riconoscimenti contrattuali che
contribuiscano a rendere la professione di infermiere sempre  automaticamente più attrattiva e ambita. Dobbiamo lasciarci alle spalle  la stagione dei tagli e investire seriamente sul Servizio sanitario.

D- Il prossimo governo, secondo lei, come affronterà il piano finanziario  sugli investimenti sulla Sanità, visto che il PNNR metterà a  disposizione circa 20 miliardi.?

Le linee strategiche sono già tracciate, ma ci sono alcuni aspetti che  meritano una riflessione sulla base della sostenibilità delle proposte e  della necessità di far fronte anche alle criticità nell’erogazione di  prestazioni. I fondi del PNRR devono essere impiegati sia per la  costruzione di nuovi luoghi di cura e per la riqualificazione di quelli  esistenti, sia per la concretizzazione di modelli di presa in carico e  di assistenza basati sulla prossimità, sulla digitalizzazione e,  soprattutto, sulle professionalità.

D- Da molti anni si discute di premiare chi cura meglio gli Italiani.  Pensa che ci potrebbe essere un budget a disposizione per premiare i  migliori operatori?

L’obiettivo di Forza Italia e di tutto il  centrodestra è quello di valorizzare la meritocrazia. Affinché questo  avvenga anche in ambito sanitario, il primo passo da compiere è  anzitutto l’individuazione di una misurazione più attendibile dei  risultati di salute, in senso qualitativo. Non dobbiamo confondere i  volumi di prestazioni con gli outcome di salute: le prestazioni erogate  non possono prescindere dal risultato delle cure prestate. Nei nostri  ospedali e sul territorio ci sono ancora pochi registri, pochi score e  pochi indicatori di qualità. Sarebbero dati preziosi per governare il  sistema e anche per inserire meccanismi di premialità.