«Propongo di vivere nel prossimo anno pastorale – ma con lo scopo che diventi pratica costante – una particolare attenzione alla preghiera. Non intendo proporre una enciclopedia della preghiera, ma incoraggiare a verificare il modo di pregare delle nostre comunità. Ho l’impressione che sia una pratica troppo trascurata da molti, vissuta talora come inerzia e adempimento, più che come la necessità della vita cristiana. Cioè della vita vissuta in comunione con Gesù, irrinunciabile come l’aria per i polmoni». Queste le parole con cui l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, introduce la Proposta pastorale per l’anno 2022-2023, disponibile da oggi nelle librerie cattoliche (Centro Ambrosiano, pp. 94, euro 4) e, in formato testo, sul portale diocesano al seguente link: https://www.chiesadimilano.it/documento/kyrie-alleluia-amen-719675.html
“Kyrie, Alleluia, Amen – Pregare per vivere, nella Chiesa come discepoli di Gesù”: è il titolo del documento che l’Arcivescovo ha voluto preparare e diffondere con anticipo rispetto all’inizio dell’anno pastorale, tradizionalmente fissato all’8 settembre, per consentire a parrocchie, comunità pastorali e decanati di definire attività e programmi del nuovo anno in sintonia con quanto proposto. Per lo stesso motivo il testo è stato presentato dall’Arcivescovo questa mattina ai 63 decani della Diocesi, al Centro pastorale di Seveso.
La Proposta si apre con un significativo riferimento al cardinale Carlo Maria Martini, di cui quest’anno ricorre il decimo anniversario della morte, e alla sua prima Lettera pastorale, “La dimensione contemplativa della vita”, uscita nel 1980. «Questa lettera – scrive l’Arcivescovo – è stata sorprendente e provvidenziale e (…) mi sento incoraggiato a offrire alla nostra Chiesa diocesana un invito a ritornare su quell’inizio».
Il primo capitolo della Proposta è dedicato a una riflessione sui significati autentici della spiritualità e della preghiera: «La spiritualità – scrive tra l’altro mons. Delpini – non si riduce a una ricerca di quello che mi fa star bene, ma diventa itinerario, ricerca. Uomini e donne intuiscono che la via per “stare bene” non è quella che conduce a ripiegarsi su di sé, ma quella che porta a un incontro». E ancora, sottolinea l’Arcivescovo, «nel nostro tempo, insieme con la necessità di “una spiritualità” che molti avvertono, sembra di dover registrare anche una diffusa indifferenza, una tranquilla estraneità rispetto ai temi della preghiera e della ricerca di Dio».
Avverte ancora mons. Delpini: «Nessuno – neppure i preti, neppure i cristiani impegnati, neppure i consacrati e le consacrate – è al riparo dalla tentazione di trascurare la preghiera. I preti devono chiedere alla gente: come pregate? Quando pregate? In che modo posso aiutarvi a pregare? E la gente deve chiedere ai preti: come pregate? Quando pregate? In che modo possiamo aiutarvi a pregare?».
Nel seguito, la Proposta approfondisce la dimensione della preghiera comunitaria nel corso delle celebrazioni così come l’esperienza della preghiera in famiglia, riscoperta da molti nel corso della pandemia. Le comunità sono oggi chiamate ad essere «case e scuole di preghiera» perché i credenti possano entrare in relazione con Dio. È necessaria però la formazione specifica e permanente di coloro che insegnano a pregare. Un contributo importante può essere fornito anche da persone originarie di altre culture che con «la loro liturgia, la loro teologia, la loro spiritualità e la loro pastorale sono un dono prezioso».
La Lettera suggerisce anche alcune “buone pratiche” per l’accoglienza nelle comunità durante le celebrazioni. Una speciale attenzione è rivolta ai portatori di disabilità per i quali bisogna, nei limiti del possibile, abbattere le barriere perché possano partecipare alla Messa. Anche la tecnologia può offrire importanti aiuti ma non deve sostituirsi alle funzioni. A proposito della Messa in televisione, «non si può condividere che sia una forma equivalente alla partecipazione in presenza».
I capitoli centrali illustrano e sviluppano i tre termini che danno il titolo alla Proposta pastorale: «Kyrie: la professione di fede in forma di invocazione; Alleluia: la gioia della Pasqua in forma di cantico corale; Amen: la professione di fede in forma di obbedienza».
L’Arcivescovo si sofferma poi su due particolari “tipologie” di preghiera: quella per le vocazioni («un modo di leggere la propria persona, la propria storia, alla luce della parola di Gesù, nell’ascolto delle emozioni che lo Spirito suscita in ciascuno») e, con un riferimento esplicito alla situazione in Ucraina, la preghiera per la pace: questa non può ridursi a protesta individuale contro la guerra, ma deve «esprimere la fiducia che Dio opera nel cuore delle persone e nei rapporti tra i popoli. La preghiera non è mai una delega a Dio perché faccia quello che noi non facciamo. È il tempo in cui il dono dello Spirito ci rende conformi al Figlio e ci fa essere quindi uomini e donne di pace».
Infine, la parte conclusiva è dedicata alla presentazione di alcune esperienze di preghiera, con la proposta di possibili evoluzioni e innovazioni. Il riferimento è, ad esempio, alla Scuola della Parola, ai Gruppi liturgici nelle parrocchie, ai Gruppi di ascolto della Parola, agli animatori della preghiera comunitaria.