Legambiente: inchiesta su Marco Granelli e due dirigenti per l’uccisione di Cristina Scozia è atto dovuto, ma il rischio sulle strade è ancora alto

‍Dopo le ‘strade killer’ o le ‘automobili assassine’, spesso protagoniste nel linguaggio della cronaca locale, è arrivato il momento delle ciclabili. Stavolta però non si tratta di un cronista poco aggiornato e obiettivo, ma di personaggi politici con responsabilità istituzionali, in carica nella città di Milano e a Roma. L’opposizione nel Consiglio Comunale (Alessandro De Chirico) ha infatti parlato di “piste ciclabili della morte”, mentre dagli scranni parlamentari l’ex vicesindaco Riccardo De Corato parla di “ciclabili mortali” perché “senza cordoli”.

I commenti sono arrivati in seguito alla notizia della indagine della Procura di Milano a carico di Marco Granelli, ex assessore alla mobilità, e di due dirigenti comunali responsabili di un tratto di ciclabile nei pressi del quale il 20 aprile scorso ha perso la vita Cristina Scozia, perché non vista sulla bicicletta che stava pedalando da un conducente in carne ed ossa, la cui vita è spezzata in modo certamente imparagonabile, ma sicuramente assimilabile.

La tragica collisione, a quanto è possibile capire in attesa della conclusione delle indagini, non sarebbe neanche avvenuta su quella ciclabile eventualmente ‘mortale’, progettata secondo i più aggiornati dettami tecnici contenuti del DL76/2020, con tanto di linea di arresto avanzata per favorire la visibilità dei ciclisti da parte dei conducenti di veicoli a motore. Una ciclabile quindi realizzata, a meno che la Procura non stabilirà il contrario, secondo norma e nell’interesse dei cittadini, che infatti non ha avuto luogo nelle osservazioni delle associazioni e degli attivisti, concentrate su altre possibili cause. Cosa si può quindi aggiungere a un dibattito tanto difficile?

“È doveroso che le indagini non trascurino nulla a tutela di tutti ma, ancora una volta, è come se si cercasse di scaricare la responsabilità su qualcosa di inanimato, anziché accettare e provare a risolvere la complessità dello scenario” commenta Federico Del Prete, responsabile mobilità e spazio pubblico di Legambiente Lombardia. “Il provvedimento del PM Mauro Clerici è stato interpretato dai media e dall’opposizione come se una eventuale irregolarità della infrastruttura abbia potuto compromettere l’equilibrio e la visibilità della persona in bicicletta, mentre sembra che nessuno stia cercando di capire se il conducente della betoniera abbia avuto tutti gli strumenti per tutelare sé stesso e gli altri utenti della strada.”

A fine novembre nove associazioni di trasportatori hanno ottenuto dal TAR la revoca della delibera consiliare che prescriveva dispositivi in grado di limitare gli angoli ciechi dei mezzi pesanti, evidentemente incompatibili con la circolazione in ambiente urbano. Il TAR, essendo un organo di giustizia amministrativa, ha rilevato nel metodo la non competenza del Comune di Milano, che dopo molti ritardi aveva deciso di intervenire autonomamente nel merito di un tema tanto delicato. La giustizia ha così acceso i riflettori sul vero problema, ovvero l’assenza di una legislazione aggiornata e in grado di tutelare tutti gli utenti della strada in uno scenario, quello della sicurezza stradale, che non può essere ridotto a inesistenti quanto pretestuose “piste ciclabili della morte”.

“Con le sue lacune, il Codice della Strada è inadatto ad affrontare non solo la transizione ecologica, ma anche la sicurezza stradale,” continua Del Prete. “C’è sempre il problema della sporadicità dei controlli, ma è effettivamente un insieme di regole spesso contraddittorio, che non tutela in modo uguale tutti gli utenti della strada. Il ministro Matteo Salvini sembra voler risolvere in modo ideologico il problema, cassando le infrastrutture ciclabili in sola segnaletica dal codice senza averne verificato l’efficacia ai fini di una mobilità urbana sempre più sostenibile e senza, soprattutto, mettere mano alle evidenti lacune normative, ad esempio sulla riduzione della velocità in ambiente urbano e sulla messa in sicurezza dei mezzi pesanti chieste dalla società civile.”

Milano si appresta a vivere con preoccupazione il 2024: sono oltre quaranta i cantieri annunciati nel corso del prossimo anno dai progetti PNRR, per non parlare di quelli già avviati, per un totale di oltre novanta interventi.

“Un traguardo importante per la città,” conclude Del Prete, “che stiamo però affrontando senza aver messo in sicurezza le strade dove, oltre al traffico ordinario, decine di mezzi pesanti in più ogni giorno conviveranno con gli altri utenti della strada. Ci auguriamo che il governo consideri utile a una seria riforma nazionale la imponente stagione cantieristica di una delle più importanti città del paese, riducendo in ogni possibile maniera il rischio di ripetere la tragica serie di lutti vissuti da Milano nel corso del 2023.”