Omicidio Giulia Tramontano, pm chiede ergastolo

Alessandro Impagnatiello è stato accusato di un crimine atroce che ha sconvolto la comunità. La procura ha richiesto per lui il massimo della pena: l’ergastolo e l’isolamento diurno per un anno e mezzo.

L’accusa nasce dall’omicidio efferato di Giulia Tramontano, una giovane donna, e del suo bambino, Thiago, che portava in grembo. La richiesta della condanna è stata presentata da Letizia Mannella, procuratrice aggiunta, davanti alla corte d’Assise di Milano. Impagnatiello, un trentunenne che in passato lavorava come barman, si è macchiato di un atto di crudeltà indescrivibile: ha inflitto 37 coltellate, mirate in gran parte a punti vitali, con premeditazione.

La sua personalità è stata descritta come manipolativa, narcisista e psicopatica, e per mesi avrebbe elaborato un piano per eliminare Giulia e il piccolo Thiago, considerandoli come ostacoli alla sua realizzazione personale. La sentenza è stata calendarizzata per il 25 novembre, una data simbolica che coincide con la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Durante il processo, la pubblica ministera Alessia Menegazzo ha rivissuto gli eventi raccapriccianti che hanno portato al 27 maggio 2023. In quel giorno, Giulia, al settimo mese di gravidanza, è stata brutalmente assassinata nel suo appartamento a Senago, un comune nei pressi di Milano. È stata colta di sorpresa, senza la possibilità di difendersi, aggravando la brutalità del crimine. Dopo l’omicidio, Impagnatiello ha tentato di distruggere le prove bruciando il corpo nella vasca da bagno, prima di spostarlo lungo le scale e nasconderlo in una cantina.

Non contento, ha proseguito con i suoi tentativi nell’autorimessa, cercando ancora di appiccare il fuoco al cadavere. Sotto pressione dalle indagini dei carabinieri, ha nascosto il corpo nel bagagliaio della sua auto, per poi abbandonarlo in un luogo isolato, nascosto tra alcuni box a poca distanza dalla sua abitazione. Il movente del delitto non risiede nel suo incontro con un’altra donna lo stesso giorno dell’omicidio.

Al contrario, il segnale che ha spinto l’imputato a commettere il crimine sembra essere stata la notizia che Giulia aspettava un figlio, un bambino che Impagnatiello non ha mai voluto accettare. Per evitare di assumersi le proprie responsabilità, ha mentito, contraffatto documenti e persino negato la paternità del bambino, persino dopo aver commesso l’infanticidio. La sua ipocrisia si mostrava anche quando partecipava alle celebrazioni del baby shower, una festa per il nascituro, mentre nel contempo stava già preparando il tragico destino di Giulia e Thiago.

Da buon “giocatore di scacchi” quando il piano di ucciderla con il veleno per topi fallisce, cambia mossa e vira sull’allontanamento volontario. La sparizione, o forse l’idea del suicidio, di chi lo aveva “smascherato” lo avrebbe trasformato da carnefice in vittima. Quando il “castello di bugie” del trentunenne che si credeva capace di manovrare due donne come due pedine s’è sgretolato uccide per non uscirne sconfitto.

“Nessun raptus o blackout”, Impagnatiello ha agito con “lucidità e controllo” e anche dopo l’omicidio ha continuato a tessere la sua tela di bugie. Con il suo “narcisismo mortale” che si nutre della “mancanza totale di empatia, di rimorso e di morale” è riuscito a manipolare tutti e solo quando è stato messo con le spalle al muro ha ammesso, ma ha provato comunque a salvare se stesso. Contro l’imputato ci sono “prove certe e incontrovertibili”, sostiene la pm Menegazzo.

Le indagini svelano come già a partire dal dicembre 2022 ha svolto ricerche online sugli effetti del veleno, come ha cercato di sviare le indagini rispondendo al telefono al posto di Giulia, come ha preparato la scena del crimine e poi ripulito tutto.

Contro l’imputato la perizia psichiatrica voluta dai giudici che lo riconosce capace di intendere e di volere. “Giulia è stata brutalmente trucidata dall’uomo che ha tentato fino all’ultimo minuto di tenerla con sé con i sensi di colpa”. Quando “la maschera è caduta” ha ucciso chi diceva di amare.

“Questo processo ci ha mostrato la manipolazione, è stata un’occasione per tutti di affacciarci sul burrone e guardare la banalità del male” che c’è in un uomo normale. L’ex barman, che non si esclude avrebbe potuto uccidere anche l’amante, non merita con la sua “natura meschina, manipolatrice e bugiarda” le attenuanti generiche perché “in questo viaggio nell’orrore non possiamo spendere una parola in suo favore. Ha mentito, non c’è stato un momento in cui ha riservato una parola per Giulia, per la famiglia di lei e il bambino” e per questo va condannato all’ergastolo.

Una richiesta di condanna condivisa dalla famiglia Tramontano rappresentata dall’avvocato Giovanni Cacciapuoti. “Con una scelta pianificata, lucida, premeditata ha tolto il futuro a Giulia e al suo bambino Thiago. La sfortuna di Giulia Tramontano era di avere il lupo nel suo stesso letto” le parole pronunciate davanti a papà Franco, mamma Loredana e ai figli Mario e Chiara. Tentenna la difesa di Impagnatiello, prova a sgretolare le attenuanti (crudeltà, legame affettivo, premeditazione e futili motivi), ma le ami per le avvocatesse Giulia Gerardini e Samanta Barbaglia sono spuntate e si appellano alla pena di giustizia.